Mario Dondero e le Marche


di Alberto Pellegrino

30 Giu 2017 - Altre Arti, Eventi e..., Arti Visive

Mario Dondero (Milano 1928-Petritoli 2015) è stato uno dei più grandi fotografi italiani del Novecento e sarebbe riduttivo classificarlo come fotoreporter, anche se ha svolto questa professione ai massimi livelli, anche se l’ha fatto in modo del tutto originale, perché diceva: “Deve sempre rimanere chiaro che per me fotografare non è mai stato l’interesse principale. A me le foto interessano come collante delle relazioni umane o come testimonianza delle situazioni. Non è che a me le persone interessino per fotografarle, mi interessano perché esistono”. Ecco, pertanto, “relazioni umane” e “testimonianza” diventare le parole chiave per comprendere fino in fondo il significato più profondo delle sue opere. Dopo aver lavorato a Parigi per l’agenzia Reporters Associés, decide si continuare la sua attività come fotografo freelance, realizzando una lunga serie di reportage e documentari, pubblicando libri e facendo mostre, ricevendo primi internazionali e due lauree honoris causa dalle Accademie di Belle Arti di Milano e di Macerata.
Capita nelle Marche nel 1985 per ricevere il Premio Scanno, per poi restarci a vivere con la moglie Annie e la figlia Elisa, poi con la compagna Laura, perché gli piacevano le atmosfere serene e la vita tranquilla della nostra regione, dopo aver girato tutto il mondo con suo nomadismo artistico. Alle Marche e precisamente alla Fototeca Provinciale di Fermo gestita dall’Associazione Altidona Belvedere Dondero ha lasciato il suo Archivio formato da 350/400 mila scatti in bianco e nero, 200/250 mila scatti a colori, un migliaio di stampe e circa 150 quaderni di annotazioni sulla fotografia, sulla politica, sull’arte.
“Nei paesi dove sono stato mi sono sempre soffermato a fotografare la vita…La vita che scorre per tutti”. Nel suo vagabondare per le Marche Dondero rimane sempre fedele a se stesso, per cui fotografa le città con i suoi abitanti (soprattutto Ascoli Piceno); nella zona di Cartoceto riprende i pastori e la vita pastorale, le campagne con il lavoro dei contadini, il gatto di casa, la giovane maestra, gli specialisti dell’osservatorio astronomico di Saltara. A Fermo la sua attenzione si concentra sugli studenti del Conservatorio e sulle manifestazioni studentesche, sui partigiani dell’ANPI, il suonatore di bandoneon Daniele Di Bonaventura. Non mancano un pranzo con gli amici in riva al mare, la processione di Montelparo, il Carnevale di Offida. Si chiude con una carrellata di splendidi ritratti che rappresentano in parte il Gotha regionale: gli scrittori Joyce Lussu, Eugenio De Signoribus, un intenso Paolo Volponi; gli scultori Agostino Cantarucci e Giuliano Giuliani; i pittori Tullio Pericoli e Giuseppe Pende, uno scanzonato e intrigante Sergio Anselmi, maestro della storia marchigiana.
Ha detto Mario Dondero: “Io ho fotografato di tutto: artisti, scrittori, ma soprattutto la gente comune. Perché ho sempre pensato a un racconto fotografico incentrato sull’osservazione di fatti minimali, su ciò che nella società rimane latente e deve essere riportato alla luce. In questo risiede il valore civile del nostro mestiere”.
Questa serie d’immagini, esposte Nel Palazzo Buonaccorsi di Macerata, sono raccolte in un agile ma efficace catalogo intitolato Le Marche di Dondero (Fototeca Provinciale di Fermo, Terroir Marche Vignaioli bio, euro sei, 2016).

Info:
Mostra aperta fino al 2 luglio 2017 | ore 10-18 (chiuso il lunedì)
Palazzo Buonaccorsi: www.maceratamusei.it/Engine/RAServePG.php/P/258210050406
Ingresso: 3 euro

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