“Little Big Horn”, il libro di fumetti di Eleuteri Serpieri


di Alberto Pellegrino

10 Mar 2021 - Libri

Paolo Eleuteri Serpieri racconta la storia di Little Big Horn nel suo libro di fumetti a tiratura limitata e numerata Little Big Horn, edito da Lo Scarabeo. Pellegrino ne parla con degli approfondimenti sulla battaglia stessa e sul suo rapporto con fumetti e cinema.

Paolo Eleuteri Serpieri, dopo l’esordio del 1975 sulle pagine di Lanciostory e Skorpio e dopo aver pubblicato la sua “saga del Far West” sulle prestigiose riviste Orient Express e L’Eternauta, è oggi considerato uno dei maestri del fumetto europeo. In particolare le sue storie del West sono diventate dei classici della letteratura disegnata, entrando a far parte della grande tradizione del fumetto western italiano accanto ad autori come Albertarelli, Bonelli e Galleppini, Gino D’Antonio, Renzo Calegari, Hugo Pratt, Berardi e Milazzo. Eleuteri Serpieri, spesso con la collaborazione di uno sceneggiatore di grande valore come Raffaele Ambrosio, crea dei racconti che uniscono al fascino di un disegno raffinato, incisivo e drammatico un notevole spessore culturale, che si avvale dall’apporto fornito dal cinema, dal romanzo, dalla pittura e dalla fotografia della Frontiera americana.

Le sue storie sono caratterizzate da atmosfere, personaggi e paesaggi che rappresentano un West non mitologico, ma fatto di coraggio e di violenza, lealtà e crudeltà, sudore e sangue. Serpieri, oltre ad essere un antropologo e uno psicologo del fumetto, racconta con il rigore dello storico la cosiddetta “conquista del West” con l’occupazione dei territori da parte dei bianchi, lo sterminio dei nativi, l’annientamento delle loro culture. L’autore ama giocare con il destino dei suoi personaggi spesso in bilico tra la vita e la morte, uomini divorati dalla sete di vendetta o dal rimorso, dalla brama dell’oro, presi da un groviglio di passioni che sfocia quasi sempre in tragedia. Nelle sue storie c’è la rappresentazione di una vita dove possono mescolarsi crudeltà e amore, ferocia e senso dell’onore, coraggio e disperazione, ma in esse si riscontra anche un grande rispetto per la storia del popolo indiano, per le gesta dei suoi grandi capi, per i riti e le tradizioni religiose degli “uomini della medicina”. Un ruolo particolarmente importante hanno le donne della frontiera, sia bianche sia indiane, che sono spesso vittime di violenze e sopraffazioni, ma sono sempre un esempio di coraggio e dignità, d’indipendenza e ribellione al dominio maschile.

Eleuteri Serpieri ha disegnato per la Historie du Far West dell’editore Larousse i due episodi Sitting Bull Crazy Horse e La danza degli spiriti, che sono stati poi pubblicate in Italia nella collana Storie del Far-West. Sulla rivista Orient Express ha pubblicato Lo sciamano (1983) e L’indiana bianca (1983, nn.13/16); su L’Eternauta ha portato in Italia alcune delle Storie del Far-West disegnate per Larousse.

Eleuteri Serpieri e la battaglia di Little Bighorn

Eleuteri Serpieri si è dedicato con particolare passione alla storia della battaglia di Little Bighorn suddivisa in cinque capitoli: i primi tre sono incentrati sul personaggio di Cavallo Pazzo (Tashunka Witko come lo chiamavano gli indiani, Il giorno delle cavallette e Un guerriero sono stato), mentre gli altri due capitoli sono intitolati Il nido del Corvo e La disfatta. Dopo un viaggio negli Stati Uniti, dove visita i luoghi della battaglia, Serpieri crea una storia di venti tavole dedicata a quei tragici combattimenti intitolata Custer a Little Big Horn. Ora questo racconto è stato ripubblicato dalle edizioni dello Scarabeo con il titolo Little Big Horn, in un volume di 108 pagine di grande formato, caratterizzato da ottimi testi e splendidi disegni e con una tiratura limitata di 700 copie numerate.

I protagonisti di queste storie sono due celebri personaggi in lotta fra loro: il capo Cavallo Pazzo e il tenente colonnello George Armostrong Custer. Le varie fasi della famosa battaglia sono viste secondo l’ottica degli statunitensi e dei pellerossa, per cui questo episodio storico finisce per essere la rappresentazione della “ottusa presunzione di una cultura dominante rappresentata da Custer e dell’orgogliosa ironia di una cultura perdente personificata da Cavallo Pazzo” (Gianni Brunoro). Serpieri affronta uno dei nodi cruciali delle “guerre indiane”, una battaglia tra un reparto dell’esercito statunitense e le tribù dei Sioux, Cheyenne e Araphao finalmente alleate contro l’invasore bianco e guidate da Toro Seduto, Fiele, Stella del Mattino e in particolare Cavallo Pazzo, il più visionario e valoroso dei capi indiani, che si è svolta nel solo arco di una giornata, ma è diventata un episodio epico nell’immaginario collettivo.

Il 25 giugno 1876 il tenente colonnello Custer conduce alla rovina il 7° Cavalleggeri, perché disattende gli ordini superiori, sottovaluta il numero dei nemici (dai 1000 ai 2500 guerrieri), divide il reggimento di 647 uomini in tre scaglioni: cinque squadroni di 211 uomini al suo comando; tre squadroni di 115 uomini affidati al maggiore Marcus Reno; tre squadroni con 141 uomini sotto la guida del capitano Frederick Benteen. I reparti di Reno e Benteen si salvano, perché riescono ad arroccarsi a difesa e a sostenere due giorni di assedio, mentre Custer e i suoi duecento uomini, presi in campo aperto tra due cariche della cavalleria indiana, vengono spazzati via in meno di mezzora.  La verità storica è poi falsata dal sensazionalismo e dal nazionalismo dei giornali dell’epoca, dai numerosi ammiratori di Custer, dalla tendenza dell’esercito a sminuire la gravità della confitta per salvaguardare l’onore della cavalleria statunitense.

 La sconfitta motiva l’esercito a intensificare la campagna contro i Sioux. La riserva viene posta praticamente sotto legge marziale. I nativi sono costretti a consegnare armi e cavalli e sono interdetti dal cacciare nei territori esterni alla riserva. Le bande indiane ribelli sono inseguite implacabilmente e costrette ad arrendersi, perché prive dei mezzi di sussistenza; i villaggi vengono distrutti. Le Colline Nere e una parte della Grande Riserva Sioux passano sotto la sovranità diretta degli Stati Uniti. Cavallo Pazzo rimane alla macchia fino a quando suo zio Coda Maculata lo convince ad arrendersi: il 5 settembre 1877 viene attirato con un tranello a Fort Robinson e ucciso da una sentinella con un colpo di baionetta. Nel 1890 Toro Seduto è ucciso da un poliziotto indiano della riserva.

Gli italiani presenti nella battaglia

Nel reggimento 7° Cavalleria si è registrata la presenza di alcuni italiani: il conte Carlo Di Rudio da Belluno, un mazziniano costretto all’esilio per la sua partecipazione al fallito attentato contro Napoleone III, è un tenente della colonna di Reno;  i soldati Giovanni Casella e Agostino Luigi Devoto sopravvivono alla battaglia, perché fanno parte dell’unità di salmerie aggregata alla colonna di Reno; il soldato Giovanni Martini da Sala Consilina, ex garibaldino nella campagna in Trentino del 1866 e a Mentana nel 1867,  è il trombettiere John Martin del reggimento ed è l’unico scampato della colonna di Custer, perché lo stesso Tenente Colonnello gli ordina di correre a chiedere aiuto al capitano Benteen, prima che il reparto sia circondato e annientato. Felice Vinatieri, musicista e compositore di origine torinese, è il direttore della banda musicale del reggimento, la quale non partecipa agli scontri, poiché è stata assegnata al reparto d’appoggio dislocato sul battello Far West, ormeggiato sulle sponde del fiume Powder.

La battaglia nei fumetti e nel cinema

Un episodio come questo non poteva sfuggire all’attenzione dei fumettisti italiani. In particolare si parla della battaglia nell’album di Tex intitolato Little Big Horn (n. 492), nel quale si ricostruiscono gli eventi che portano alla battaglia, si rievoca l’episodio dell’ordine di Custer dato al soldato John Martin di correre a chiedere aiuto al capitano Benteen, ordine che gli salva la vita. Nella serie Storia del West, l’episodio n. 60 Giorno di gloria ha come protagonista il guerriero Cheyenne Wapai che, scampato al massacro sul fiume Washita compiuto da Custer, è animato dal desiderio di rivincita nei confronti del Tenente Colonnello costantemente in cerca di gloria. Nell’album La Leggenda del Generale (n. 32), della serie che ha come protagonista Ken Parker, lo scout riceve gli ordini in ritardo e cerca di raggiungere il Tenente Colonnello Custer, ma arriva a Little Bighorn quando ormai la battaglia è finita. Lungo il percorso Ken Parker ha l’occasione di incontrare varie persone che gli raccontano la loro opinione sulla contraddittoria popolarità di Custer, una persona mitizzata o disprezzata quando era ancora in vita. Naturalmente anche il cinema si è subito occupato di questo avvenimento con scarsa fedeltà storica: il primo film è On the Little Big Horn or Custer’s Last Stand, regia di Francis Boggs (1909); Custer’s Last Fight, regia di Francis Ford (1912) è stata una delle prime pellicole dedicate alla figura di Custer; The Massacre è un cortometraggio del 1912 diretto da David Wark Griffith e incentrato sulla battaglia del Little Bighorn; il General Custer at Little Big Horn del 1926, diretto da Harry L. Fraser, narra in maniera romanzata gli eventi della battaglia; Il massacro di Fort Apache (1948), uno dei capolavori di John Ford, è una personale ricostruzione della battaglia, dove la storia si mescola a fatti e personaggi di fantasia; infine Custer eroe del West (1968), diretto da Robert Siodmak, narra in modo romanzato la vita di Custer.

Eleuteri Serpieri, Little Big Horn, Lo Scarabeo. De Luxe Collection, 2020, p. 108, tiratura 700 copie numerate, 38 euro.

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