Le radici del Novecento


Luca Rossetto Casel

20 Nov 2000 - Commenti classica

PIANEZZA (TO). Nella suggestiva cornice del santuario di San Pancrazio, a Pianezza, il Gruppo 900 ha presentato una ricca panoramica sulla musica o, meglio- le musiche del secolo che volge al termine. Nel corso della serata, infatti, i musicisti hanno ripercorso le epoche e gli stili, ben evidenziando le sovrapposizioni e i passaggi tra autori quanto mai differenti per formazione e cultura, da Debussy a Petrassi, da Honegger a Fukushima, fino ai contemporanei Bergamini (per l' occasione nella doppia veste di compositore ed esecutore), Castagnoli e Merz, presenti in sala. Un concerto nel segno della continuità , dunque; che ha voluto mostrare quanto siano profonde le radici della musica del nostro tempo. Non per niente, accanto a compositori viventi si è potuto ascoltare autori vissuti tra questo secolo e quello precedente.
In apertura, si è potuto ascoltare il canto suadente del sileno di Syrinx (al flauto, Massimiliano Giai Bastè), quasi una summa della scrittura debussiana; insomma, un inizio nel segno dell' iniziatore del Novecento musicale.
Il fulcro della rassegna di quest'anno è rappresentato dalla produzione organistica; logico, quindi, che, con i brani successivi, si sia passati al compositore a cavallo tra i due secoli maggiormente legato all' organo: Max Reger, nella densa interpretazione di Bruno Bergamini. E all' organo si è tornati dopo la bella eseuzione della Danse de la chèvre per flauto solo (ancora il bravo Giai Bastè), dell' esponente dei Sei Arthur Honegger, con due composizioni dall' opera 40 di Helmut Eder.
Ha quindi avuto luogo l' unico brano per più esecutori della serata, il Dialogo angelico di Goffredo Petrassi; qui i due flautisti (Massimiliano Giai Bastè e Massimo Peretti) hanno saputo mettersi in luce per la splendida intesa con cui hanno affrontato l' esecuzione.
Le finestre, di Giulio Castagnoli, è una composizione suggestiva, interamente basata su pochi elementi essenziali sfaccettati in una moltitudine di sfumature; sfumature ottimamente rese, a mio avviso, dal violinista Davide Biancolli, che è riuscito a mantenere la tensione espressiva sempre altissima.
Nella scrittura di Kazuo Fukushima si ritrovano molteplici echi, sospesi tra oriente e occidente, tra passato e presente; e Massimo Peretti ha saputo tener testa alla difficoltà dei due brani presentati, restituendone una lettura esemplare, dove ogni elemento è stato risolto in chiave espressiva.
Gli uccelli, di Bruno Bergamini, parte da una dimensione per dir così- onomatopeica per arrivare a una espressività di profonda ispirazione; Massimiliano Giai Bastè ha saputo cogliere l' essenza del brano, dando così un' interpretazione scevra da eccessivi manierismi e forzature.
Bergamini è poi comparso un'ultima volta alla consolle dell'organo, in qualità di esecutore, confermando la sua autorevolezza con Sicut umbra, di Enrico Correggia. La serata si è conclusa con il violino solo di Bereshit, di Willi Merz, dopo che l' ironico richiamo al Prelude debussiano presente ne Il fauno, di Arrigo Tassinari (Massimo Peretti), ha simbolicamente sottolineato in un incontro inteso come di avvicinamento al pubblico della cultura contemporanea- l' esigenza di continuità tra passato e presente.

(Luca Rossetto Casel)


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