Intervista a Diletta Fosso
a cura della Redazione
4 Giu 2025 - Interviste
Abbiamo intervistato la giovanissima violoncellista e cantautrice Diletta Fosso.
Diletta Fosso a soli 15 anni studia violoncello al Conservatorio ed è una cantautrice. Come riesci, Diletta, a conciliare la formazione classica con la tua passione per la musica pop e cantautorale?
Guarda, all’inizio sembrava impossibile! Al Conservatorio alcuni prof mi guardavano storto quando dicevo che volevo usare il violoncello per fare pop… tipo “Ma come, da Bach a Billie Eilish?!?”. Ma a me piace! Studio sia l’uno e che l’altro, le suite di Bach e le sperimentazioni con i pedali di distorsione. La verità è che non vedo perché dovrei scegliere: il violoncello ha mille voci, può essere classico alle 9 e rock alle 21. Sono due anime che convivono senza litigare.
Nel dicembre 2024 hai vinto un premio per la canzone d’autore emergente. Cosa significa per te questo riconoscimento, soprattutto in un contesto così importante?
Oddio, quando hanno detto il mio nome sono quasi caduta dalla sedia! Quiliano è riconosciuto dal MEI come quarto contest italiano di maggior rilievo per la Canzone d’Autore e io ero lì con la mia faccia da quattordicenne e Alfred, il mio violoncello, che pesa più di me. C’erano cantautori con barbe lunghe e storie incredibili, e poi c’ero io con giacca e cravatta, appena comprati perché mi ero dimenticata i vestiti a casa… e col cuore che batteva a mille. Vincere quel premio è stato come se mi avessero detto “Ehi, ragazzina, la tua voce conta”. E poi incontrare gli Yo Yo Mundi è stato pazzesco! Quel premio mi ha dato una spinta enorme.
“Oltre il rumore”, il tuo nuovo singolo, è un brano molto intenso sia come testo, che come musica e arrangiamento. Ci racconti come è nato?
È nato da una foto su Instagram che mi ha devastata. Una bambina in zona di guerra, con gli occhi che sembravano contenere tutto il dolore del mondo. Sono rimasta a fissare quella foto per ore e poi ho preso Alfred e ho iniziato a suonare note arrabbiate, distorte, che non avevo mai tirato fuori. Mio padre mi ha sentita e si è preoccupato, pensava stessi male! Invece stavo solo cercando di dare voce a quella bambina. Ho scritto il testo piangendo. Volevo che il violoncello urlasse quello che lei non poteva dire.
Ad una rassegna del Comune di Pavia hai parlato di guerra, femminismo, nuove generazioni e del ruolo della musica nella società di oggi. Come si lega la tua musica a questi temi che ti stanno a cuore?
Sai cosa? Non sopporto quando dicono che noi giovani pensiamo solo a TikTok! Quel giorno a Pavia ero nervosissima, c’erano professoresse universitarie e attiviste politiche, e io con i miei 15 anni… Ma poi ho pensato: chi meglio di noi Gen Z può parlare del futuro? Le mie canzoni sono piccole bombe gentili. Parlo di guerra perché vedo le immagini sui social e non posso far finta di niente. Parlo di femminismo perché sono stufa di sentire dell’ennesimo femminicidio. La musica per me è come un megafono: posso cantare al mondo che le cose devono cambiare, sperando di arrivare al cuore e non solo alle orecchie.
Come è nata la collaborazione con il pittore palestinese Mahmoud Amed che ha disegnato la copertina del tuo singolo e come si lega la sua opera al messaggio della tua canzone?
È stata una di quelle magie che capitano per congiunzione astrale. Stavo cercando un’immagine per la copertina e niente mi convinceva. Poi la galleria L2Arte di Pavia mi ha mostrato i quadri di Mahmoud e… boom! C’era questo dipinto che spiccava per espressività, pur ritraendo un bambino di spalle, con un palloncino gonfio che non decolla mai. Forte e malinconico. Gli abbiamo scritto spiegando il progetto e lui ha risposto con entusiasmo. Quando ho letto la sua storia, ho capito che dovevamo unire gli sforzi per promuovere la pace.
Il video lyric di “Oltre il rumore” è stato creato con l’intelligenza artificiale ed è un elemento molto interessante. Come mai avete scelto questa modalità espressiva e cosa aggiunge al significato del brano?
Volevo che il video sembrasse disegnato da una bambina. L’AI ci ha permesso di creare questo mondo onirico e disturbante, inquietante e bellissimo insieme. Poi c’è una cosa che mi piace dell’AI: è una tecnologia nuovissima che usiamo per raccontare qualcosa di antico come la guerra. Prendi gli strumenti del presente per combattere gli errori del passato che continuiamo a ripetere.
Il tuo singolo, insieme al precedente intitolato “Nuvole”, è stato prodotto da Matilde Dischi, come è nata la collaborazione con questa etichetta?
Con Davide Maggioni di Matilde Dischi c’è stata subito intesa. Quando mi ha chiesto “Cosa vuoi dire al mondo?” ho capito che era la persona giusta. Con lui posso sperimentare: una volta gli ho detto “Voglio che sembri una nuvola che esplode” e lui invece di mandarmi dallo psicologo ha detto “Proviamo!”.
Quali sono i tuoi sogni e i tuoi obiettivi per il futuro come musicista e cantautrice?
Voglio scrivere canzoni che facciano la differenza, che quando qualcuno le ascolta dica “Cavolo, non sono solo!”. Vorrei collaborare con artisti che ammiro: tipo se Elisa mi chiamasse, sverrei. Ma soprattutto voglio crescere senza perdere la voglia di cambiare il mondo. Con o senza dischi di platino.
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