Il “Trittico” di Puccini conquista Parigi con Asmik Grigorian protagonista
di Alma Torretta
2 Mag 2025 - Commenti classica
Grande successo per il debutto nella capitale francese del soprano lituano Asmik Grigorian sempre più ai vertici della lirica mondiale. Sul podio dell’Opéra Bastille il maestro Carlo Rizzi.
(Foto ©GuerganaDamianova /OdP)


La grande attrazione è lei, al suo debutto all’Opéra de Paris atteso da tempo. Finalmente è arrivata, il soprano lituano Asmik Grigorian osannata da qualche anno in tutta Europa come una delle più brave interpreti della sua generazione. E non ha deluso le aspettative, malgrado interpreti tutti e tre i diversi ruoli femminili del Trittico di Puccini. E se ha letteralmente trionfato come Suor Angelica, il ruolo più congeniale alla sua voce e al suo temperamento, ha regalato anche un’elegante interpretazione della famosa aria di Lauretta “O mio babbino caro” nel Gianni Schicchi, che ha fatto esplodere la sala in un lungo applauso, e ha ammaliato con la sua melancolia e note particolarmente dolenti come Giorgetta nel Tabarro. Se il suo timbro non è chiarissimo, brilla per il suo stile di canto levigato, leggerissimo, con fiati lunghi e passaggi morbidi rischiarati da acuti che non sono mai uno sfoggio di capacità ma funzionali all’interpretazione. Misura, interiorizzazione della parte, emissione vellutata, la caratterizzano in tutti e tre i ruoli.


Se il nome di grande richiamo di questa produzione è senza dubbio quello del soprano, come si sa il Trittico richiede anche due grandi baritoni e due ottimi tenori, per non parlare del ruolo iconico per mezzosoprano della Zia Principessa in Suor Angelica, ed il cast è di prim’ordine per tutti i personaggi che si muovono con la regia di Christof Loy presentata in anteprima al Festival di Salisburgo nel 2022. Loy ha deciso di cambiare l’ordine degli atti unici stabilito da Puccini – che è Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi – per cominciare invece con quest’ultimo e finire con Suor Angelica. Una scelta che sembra costruita su misura per la Grigorian, che ha modo così di presentarsi al pubblico con la più celebre aria di tutto il Trittico, appunto “O Mio babbino caro” che tutto il pubblico conosce e attende, e poi di chiudere in bellezza con una Suor Angelica che qui si chiude con la sorpresa di farla spogliare della tunica e abbracciare un bambino in carne ed ossa, calando il personaggio nella contemporaneità del dramma di una madre qualsiasi, non necessariamente religiosa, che ha perso il suo bambino. Scelta registica, come anche quella di utilizzare poi il tabarro nel finale più come una coperta per terra che un mantello, discutibile ma di ben studiato effetto.


Bravissimo il baritono georgiano Misha Kiria come Gianni Schicchi, perfetto per la parte, anche lui al suo debutto all’Opera di Parigi, da manuale la sua reverenza finale al pubblico, è l’altro grande protagonista del primo atto dove la Grigorian, oltre la sua famosa aria di Lauretta, ha anche un bel duetto con l’innamorato Rinuccio interpretato dal tenore russo dal bel timbro chiaro Alexey Neklyudov, pure al suo debutto all’Opera di Parigi. Due voci maschili che ancora non si erano sentite a Bastille, e sono state molto apprezzate.


A seguire il Tabarro è quello che scenicamente convince di meno, la Senna ed il lungo Senna sono lasciati all’immaginazione ed arredi d’interni sono disposti sulla banchina in cui è attraccata la péniche, la caratteristica barca da carico usata sul fiume. In questo secondo tempo, affiancano la Grigorian, qui con parrucca bionda, il baritono russo Roman Burdenko come Michele, il marito tradito, e il tenore americano Joshua Guerrero come Luigi, l’amante, quest’ultimo pure perfetto per la parte. Burdenko invece appare meno anziano di come dovrebbe essere, porta in scena un moderno marito tradito che non sa affrontare la situazione se non con un gesto di violenza, ben si condivide con lui gelosia ed amarezza sino all’orrore finale dell’omicidio di Luigi e del sadismo di mostrarlo alla moglie.



Nel terzo atto, infine, dove protagonista assoluta è la Grigorian come Suor Angelica, il ruolo della Zia Principessa è affidato al mezzo finlandese Karita Mattila, vestita in pantaloni come un uomo d’affari arido di sentimenti.
Ci sono tantissimi altri ruoli minori, impossibili citarli tutti, ma si fanno notare pure il mezzo Enkelejda Shkosa come Zita, la vecchia cugina del morto, ed il tenore Andrea Giovannini come il Tinca.
Riusciti gli interventi corali diretti dalla maestra Ching-Lien Wu.



I tre atti si svolgono tutti in un contesto beige, con una porta nel fondo e una finestra di lato, spazio allestito da Étienne Pluss in modo diverse per le tre storie, tutte riportate nel Novecento e, infatti, c’è pure un frigorifero nella stanza da letto del morto. È discutibile pure la scelta registica di fare cantare gli interpreti troppo spesso davanti, di fronte al pubblico, in modo innaturale.
Scene e regia, così come i costumi di Barbara Drosihn, non memorabili, come invece gli interpreti.


Apprezzabile invece la direzione del maestro Carlo Rizzi, incalzante nel Gianni Schicchi per contribuire al giusto ritmo della farsa; dando il meglio nel Tabarro dove la modernità della partitura è ben sottolineata; infine conducendo l’orchestra al giusto colore lirico struggente nel Suor Angelica.
Sino al 28 maggio all’Opéra Bastille.