Il grido di dolore di poetesse e poeti palestinesi


di Alberto Pellegrino

4 Giu 2025 - Letteratura, Libri

Pubblichiamo l’articolo del nostro Direttore per approfondire i dolorosi avvenimenti della Palestina attraverso la conoscenza e la testimonianza di poetesse e poeti palestinesi presenti nel volume “Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza” edito da Fazi Editore l’aprile scorso.

(Didascalie delle foto in fondo all’articolo)

Quello che sta accadendo nello Stato d’Israele supera ormai ogni giustificazione: non è più un atto di giustizia riparatoria per le 1.200 vittime dell’eccidio del 7 ottobre 2023; non è più rappresaglia, non è più nemmeno una vendetta, ma solo lo sterminio di un popolo vittima di una violenza perpetrata in nome del Dio d’Israele da parte di coloro che nel corso della storia state stati vittime di violenze estreme e ingiustificate. Mentre riaffermiamo con forza con non hanno colpe gli ebrei residenti in Europa e nelle altri parti del mondo e che sono ingiustificate le manifestazioni antisemite contro di loro, si deve sottolineare che le responsabilità di quanto accade a Gaza ricadono sul governo israeliano e sugli Stati occidentali, che finora si sono limitati a pronunciare più o meno timide parole di condanna, senza intraprendere alcuna azione concreta per fermare questo inqualificabile massacro.

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Uno sterminio di massa

Con le 53.655 vittime ufficiali accertate al 21 maggio 2025, con 121.950 feriti, tra cui ci sono non solo donne e uomini anziani, ma migliaia di bambini uccisi, feriti gravemente, mutilati per sempre dei loro arti, segnati indelebilmente dalla fame e dalla denutrizione di chi impedisce alle organizzazioni internazionali di portare aiuti alimentari e sanitari.

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Il governo di estrema destra dello Stato d’Israele, nascondendosi dietro la questione degli ostaggi e dietro la volontà di annientare Hamas, procede con bombardamenti indiscriminati su scuole e università, ospedali e centri di accoglienza, tendopoli e accampamenti di rifugiati, con la distruzione del 69 per cento degli edifici (dati ONU dicembre 2024).

È chiaro che si sta procedendo a una vera e propria pulizia etnica, a un massacro di civili che può essere definito solo come un crimine di guerra compiuto contro civili inermi e non contro formazioni militari armate. E quali sono le argomentazioni del governo israeliano? Accusare di antisemitismo, con un atteggiamento ricattatorio, tutti coloro che criticano il suo operato; praticare il negazionismo anche di fronte alle immagini di fotoreporter e televisioni, ai servizi giornalistici realizzati sul campo, alla documentazione delle agenzie internazionali (la stessa tecnica usata dai negazionisti dell’Olocausto), mentre giornalisti, operatori tv e fotografi palestinesi sono stati uccisi, oppure rimossi e incarcerati per ridurli al silenzio.

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I palestinesi non sono un popolo di “barbari”, hanno scuole e università, hanno medici e insegnanti, ingegneri e tecnici specializzati, soprattutto hanno in mezzo a loro scrittori e poeti legati alla grande trazione della poesia araba, che è sempre stata una delle maggiori espressioni della cultura araba con una mescolanza di grandi poeti letterati e poeti di strada che compongono versi a seconda delle occasioni. Spesso, dinanzi a governi dittatoriali o autoritari, la poesia si è sostituita alle voci di attivisti politici censurate o ridotte al silenzio, ma scrivere poesia sotto le bombe e i missili rappresenta una forma di resistenza, pur sapendo che è possibile trovare la morte in ogni momento, ma avendo anche la consapevolezza che questi versi possono sostituire una documentazione visiva resa difficilissima o vietata, sostituire la voce silenziata dei giornalisti e degli operatori umanitari.

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La voce dei poeti palestinesi

Nell’aprile 2025 è stata pubblicata da Fazi Editore una raccolta poetica intitolata Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza, nella quale sono state  riunite alcune composizioni poetiche scritte sotto le bombe, composizioni misconosciute e più spesso ignorate, ma che sono la voce di poeti non ridotti al silenzio nonostante l’uccisione di giornalisti e scrittori, la sistematica distruzione di università, scuole e ospedali. È una voce poetica che serve ad annullare il falso mito di una Palestina da considerare solo un’espressione geografica; è la voce di un popolo che non ha mai goduto di una piena libertà, che ha conosciuto la dura realtà dei campi di concentramento e dei campi profughi.

In questa drammatica condizione di vita la poesia diventa carne maciullata, bruciata e incenerita, perché la morte non ti aspetta in una trincea o in bunker, ma ti può cogliere in un mercato o sul marciapiede, all’interno della tua casa e intorno a un camion che sta distribuendo acqua, cibo e medicinali.

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Nonostante questa tragica condizione di vita in questi versi non troviamo mai un incitamento all’odio e alla violenza, ma solo un grande senso di umanità. Conosciamoli allora uno per uno questi poeti. Yousef Elqedra (1983) è laureato in lingua e letteratura araba nell’Università al-Azhar di Gaza e ha composto questi versi nell’accampamento di al-Mawasi, durante un attacco areo che ha ucciso 22 persone fra cui 8 bambini: “Posso scrivere una poesia / con il sangue che sgorga, / con le lacrime, con la polvere nel mio petto, / con i denti della ruspa, con le membra smembrate / con le macerie dell’edificio, con il sudore della protezione civile, / con le urla delle donne e dei bambini, / con il suono delle ambulanze, con i resti di un albero che amo, /con tutti questi volti che cercano i loro dispersi”.

Ali Abukhattab (1976) è un poeta e un critico letterario, fondatore del “Collettivo Utopia” che riunisce scrittori e scrittrici della Striscia di Gaza.

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Marwan Makhoul (1979) è un ingegnere e scrittore che ha vinto con la sua raccolta La terra della plassiflora triste il Premio dell’Associazione per la poesia palestinese: “Non c’è più tempo, /quindi non indugiare nel ventre di tua madre, figlio mio, affrettati a venire, / non perché ti desideri, / ma perché la guerra è scoppiata e temo che tu non possa vedere / la tua patria come l’ho desiderata per te. / La tua patria non è terra, / né mare che ha profetizzato ciò in cui ci troviamo / e poi è morto. / Ma è il tuo popolo, vieni a conoscerlo / prima che il razzo lo deformi / e mi costringa a raccogliere i resti / per farti sapere che coloro che sono andati via / erano belli e innocenti, / e che avevano bambini come te che li hanno lasciati / fuggendo dalla cella frigorifera dei morti ad ogni attacco / per giocare / orfani / sul filo della salvezza”.

Yahya Ashour (1998) è un poeta che vive in esilio negli Stati Uniti, dove è Honorary Fellow nella Università dello Iowa ed è autore della raccolta A Gaza of Siege and Genocide (2024).

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Haidar al-Ghazali (2004) è un poeta e studente di letteratura inglese che ha visto la sua università rasa al suolo, ma ha continuato a comporre versi, del quale viene riportata la più corposa scelta di poesie, perché è stata scritta nel 2024 sotto le bombe e rappresenta la voce dell’ultima generazione di artisti: “Insegnate ai vostri figli / che il corpo della terra è uno / che i confini della terra sono un’invenzione / e chi non rifiuta di uccidere / sarà ucciso facilmente. / Fermate il fuoco sui nostri petti, / perché possiamo seminare / la nostra terra /e nutrirvi”.

Refaat Alareer (1979-2023) è stato un poeta tradotto anche all’estero e un docente di letteratura inglese nell’Università Islamica di Gaza, oggi distrutta. È stato ucciso sotto un bombardamento il 6 dicembre 2023 e questi sono i suoi ultimi versi: “Se devo morire, / tu devi vivere / per raccontare la mia storia, / per vendere le mie cose; / per comprare un pezzo di stoffa / e qualche filo / così che un bambino, da qualche parte di Gaza, / fissando il cielo negli occhi, / aspettando suo padre che è partito tra le fiamme – senza dire addio a nessuno, / neanche alla sua carne, neanche a se stesso – veda l’aquilone, il mio aquilone che hai fatto tu, volare alto / e pensi, per un momento, che lassù ci sia un angelo / che riporta l’amore”.

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Nel volume si trova anche una rilevante presenza di poetesse che mostrano una straordinaria sensibilità e umanità e che stanno a dimostrare l’evoluzione, intellettuale, sociale e civile delle donne palestinesi.

Hend Joudah (1983) è una poetessa, narratrice, sceneggiatrice che ha lavorato per Worker Radio a Gaza; ha fondato e diretto la rivista 28 Magazine; ha pubblicato la raccolta Nessuno se ne va sempre con dei versi che ci pongono un drammatico interrogativo: “Che cosa significa essere poeta in tempo di guerra? / Significa chiedere, / chiedere continuamente scusa, agli alberi bruciati, / agli uccelli senza nidi, alle case schiacciate, / alle lunghe crepe sul fianco delle strade, / ai bambini pallidi, prima e dopo la morte / e al volto di ogni madre triste, / o uccisa!”.

Ni’ma Hassan (?) è una poetessa e scrittrice responsabile del gruppo teatrale Teatro Bokra Hola e del Foro Culturale e Artistico del Sud, autrice del romanzo Non era morte (2021).

Dareen Taour (1982) è una poetessa e fotografa, autrice di alcune raccolte poetiche, condannata e incarcerata per la poesia Resisti o popolo mio, resisti loro (2015). Durante il periodo trascorso in carcere ha scritto la composizione Allucinazioni di una poetessa prigioniera condannata per terrorismo: “Rimarrò qui / Amando la vita / Rimarrò io / Per scrivere di me e di chi soffre / Lettere di verità / Perché scrivere in guerra è una morte rapida / In essa c’è vittoria e c’è suicidio / E c’è salvezza / …Forse potrò risuscitare il fiore del mattino / Perché la poesia / È come il filo della spada / Come il tuono del cielo / perché tutti i proiettili che hanno sparato / Per soffocare le parole / Per uccidere la nostalgia, per uccidere l’antico e il nuovo / Per il nostro annientamento /aumentano la resistenza / rafforzano la volontà”.

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Heba Abu Nada (1991-2023) era laureata in biochimica ed è una poetessa le cui opere sono state tradotte in diversi paesi e ha scritto il romanzo Oxygen is not for the dead (2017). È stata uccisa durante un bombardamento israeliano il 20 ottobre 2023 e nel volume sono riportate le sue poesie scritte tra l’8 ottobre e il 20 ottobre 2023, il giorno della sua morte: “Il suono che sentiamo è il suono della morte che ci ha / superato per scegliere altri, / siamo ancora vivi e sentiamo il suono della morte di altri che / conosciamo, diciamo: / grazie a Dio, l’ultimo suono che abbiamo udito non è stato / il suono del razzo. / Chi sente il suono del razzo sopravvive. / Siamo ancora vivi fino a nuovo avviso”. “Noi di Gaza, presso Dio, siamo martiri o testimoni della liberazione. / E tutti noi aspettiamo il luogo in cui saremo. / Tutti noi aspettiamo, o Dio, la tua promessa veritiera”.

Chiude il volume il Discorso agli studenti della Oxford Union tenuto il 28 novembre 2024 da Susa Abulhawa, poetessa, scrittrice, scienziata e attivista palestinese, autrice del romanzo Ogni mattina a Jenin che è stato tradotto in 30 paesi e ha venduto un milione di copie. Ha concluso la sua prolusione con queste parole: “Un giorno, la vostra impunità e la vostra arroganza avranno fine. La Palestina sarà libera; sarà restituita alla sua gloria plurale, multireligiosa e multietnica […] Metteremo fine alla macchina da guerra sionista-americana di dominio, espansione, estrazione, inquinamento e saccheggio […] e voi ve ne andrete, oppure imparerete finalmente a vivere con gli altri da pari a pari”.


Didascalie delle fotografie

1. Palestinian children wait with others for food at a distribution point in Gaza City, on June 3, 2025. Israel faces growing condemnation over the humanitarian crisis in the war-ravaged Gaza Strip, where the United Nations warns the entire population faces the risk of famine after no aid is allowed to enter for more than two months. (Photo by Majdi Fathi/NurPhoto via Getty Images)

2. TOPSHOT – Smoke and debris rise following an Israeli strike on a house west of Jabalia, in the northern Gaza Strip, on June 1, 2025, amid the war between Israel and the Palestinian Hamas militant movement. (Photo by BASHAR TALEB / AFP) (Photo by BASHAR TALEB/AFP via Getty Images)

3. KHAN YUNIS, GAZA – JUNE 01: (EDITORS NOTE: Image depicts death) Lifeless bodies of Palestinians are being brought to the Nasser Hospital for funeral process after Israeli soldiers opened fire at Palestinians trying to reach the points where US aid is distributed west of Rafah city in the southern Gaza Strip, in Khan Yunis, Gaza on June 01, 2025. It was reported that 30 people were killed and 115 people were wounded as a result of the fire opened by Israeli soldiers. (Photo by Abed Rahim Khatib/Anadolu via Getty Images)

4. GAZA CITY, GAZA – JUNE 01: Search and rescue operation is being initiated amid the rubble of demolished residential area following an Israeli airstrike in Gaza City, Gaza on June 01, 2025. (Photo by Abdul Hakim Abu Riash/Anadolu via Getty Images)

5. KHAN YUNIS, GAZA – JUNE 2: Palestinians who were killed in the Israeli army attacks near the American aid center in Rafah and the Muin area and Salahaddin Street in the east of Khan Yunis are being sent to their last journeys by their relatives at Nasser Medical Center in Khan Yunis city, Gaza on June 2, 2025. (Photo by Abed Rahim Khatib/Anadolu via Getty Images)

6. KHAN YUNIS, GAZA – MAY 30: Displaced Palestinians including women and children living in tents receive food distributed by aid organizations in al Mawasi district of Khan Yunis, Gaza on May 30, 2025. The situation highlights the growing desperation and urgent need for humanitarian assistance in the besieged enclave. (Photo by Abed Rahim Khatib/Anadolu via Getty Images)

7. DEIR AL-BALAH, GAZA – JUNE 02: A Palestinian child is seen waiting with empty pots as charitable organizations distribute hot meals to Palestinians in Nuseirat refugee camp, who are struggling with hunger due to Israel’s attacks on Gaza and closed borders in Deir al-Balah, Gaza, on June 02, 2025. As Israel’s relentless and devastating attacks on the Gaza Strip continue, Israeli policies have exacerbated the already severe humanitarian crisis in the region. (Photo by Moiz Salhi/Anadolu via Getty Images)

8. KHAN YUNIS, GAZA – MAY 30: Displaced Palestinians including women and children living in tents receive food distributed by aid organizations in al Mawasi district of Khan Yunis, Gaza on May 30, 2025. The situation highlights the growing desperation and urgent need for humanitarian assistance in the besieged enclave. (Photo by Abed Rahim Khatib/Anadolu via Getty Images) 9. A girl cradles a cat as she stands along a road being used by displaced people fleeing from Khan Yunis westwards to al-Mawasi in the southern Gaza Strip on June 3, 2025 after the Israeli military had issued an evacuation order the previous day. (Photo by AFP) (Photo by -/AFP via Getty Images)

9. A girl cradles a cat as she stands along a road being used by displaced people fleeing from Khan Yunis westwards to al-Mawasi in the southern Gaza Strip on June 3, 2025 after the Israeli military had issued an evacuation order the previous day. (Photo by AFP) (Photo by -/AFP via Getty Images)

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