Il fantasma della rivoluzione nelle “Nozze di Figaro” di Jesi


di Roberta Rocchetti

12 Nov 2018 - Commenti classica, Musica classica

Chissà se Amadé Mozart mentre osservava dalle finestre del suo appartamento in Domgasse i primi accenni di quella primavera viennese del 1786 e contemporaneamente poneva le ultime note alla partitura de Le Nozze di Figaro era pienamente consapevole della grandezza del proprio lavoro. Ce lo siamo chiesto diverse volte durante la messa in scena di questo capolavoro che ha preso vita ancora una volta domenica 11 novembre sul palcoscenico del Teatro Pergolesi di Jesi.
Le scene di Emanuele Luzzati, eleganti, neoclassiche, bellissime e funzionali, lontane dal Luzzati ipercolorato che siamo abituati a vedere con più frequenza, hanno fatto da sfondo ad una regia che pur nel solco della tradizione ha saputo gestire in maniera ottimale i movimenti sul palco ed inserire una nota di freschezza nell’inserimento del sorprendente finale.
La vicenda che Lorenzo Da Ponte ricavò da Beaumarchais e che oggi appare come una innocua e divertente storiella, la quale narra di un servo che, più furbo del proprio padrone, riesce a togliergli da sotto le mani la propria promessa sposa che l’infido signore vorrebbe sedurgli prima delle nozze, ai tempi di Mozart era considerata assolutamente sovversiva, tanto da incappare nelle maglie della censura. Storie di servi ribelli quando in Francia ribollivano già i segnali di quella rivoluzione che sarebbe scoppiata di lì a tre anni e che avrebbe cambiato per sempre il volto dell’Europa e di buona parte del mondo, non erano ben visti da chi deteneva un potere di cui cominciava a percepire i primi sinistri scricchiolii.
Eppure Mozart riuscì a spuntarla e a mettere in scena la vicenda di Figaro.
Nella versione di Francesco Bellotto, regista di questa produzione, la rivoluzione fa capolino in maniera più diretta del solito. Fin dall’inizio appaiono di tanto in tanto sul palcoscenico due figuri ben abbigliati ma sinistri e a tratti violenti, picchiano Cherubino durante l’aria di Figaro “Non più andrai” e ci si chiede chi siano, il Conte D’Almaviva maneggia spesso un teschio con fare pensoso e questo, insieme all’atmosfera spesso cupa e sottilmente inquietante porta Mozart e il suo capolavoro finalmente fuori dal binario fisso del “divino fanciullo” e dal suo essere “apollineo” e dona quello spessore di malinconia, inquietudine, profondità che la sua musica, tutta la sua musica, anche quella apparentemente leggera o buffa, possiede. Persino alla fine, quando tutti inneggiano alla gioia c’è qualcosa di stridente e minaccioso ed infatti la regia non delude, lo specchio basculante che fino a quel momento è sembrato soltanto un oggetto d’arredo spesso presente sul palco o al massimo un “doppio eterico” nel quale i personaggi di trovavano a riflettersi di tanto in tanto, si scopre essere una ghigliottina e i due misteriosi ceffi presenti fin dall’inizio si rivelano due rivoluzionari pronti a mettere una corda al collo di Conte e Contessa D’Almaviva, mentre dietro di loro qualcuno sventola una enorme bandiera francese che ci riporta alla mente il celeberrimo dipinto di Delacroix.
Sipario.
La regia dicevamo, mai leziosa, che mai ha chiesto agli interpreti le fin troppo frequenti smorfiette e gestualità caricaturali a cui si è costretti ad assistere in altre occasioni, ha avuto il pieno appoggio del direttore d’orchestra Sergio Alapont, che ha sottolineato le note drammatiche con una direzione a volte sorprendente nelle dinamiche. Forse il mantenere spesso un ritmo decisamente serrato ha impedito di evidenziare appieno le sfumature languide e struggenti di certi passaggi, come nelle arie della Contessa e in quelle di Cherubino, ma nel complesso una direzione efficace che ha ricevuto il giusto riconoscimento dal pubblico in sala.
Alfredo Corno ha realizzato costumi nel solco della tradizione, di ottimo gusto e gestiti con intelligenza e pertinenza, quando per esempio veste Marcellina di un abito con panier che le altre protagoniste, più giovani nella narrazione, non indossano, relegandola anagraficamente ai decenni precedenti. Le luci di Roberto Gritti hanno contribuito alla riuscita dell’atmosfera voluta dal regista.
Veniamo ora alle voci cominciando dal ruolo del titolo. Il Figaro di Davide Giangregorio, uno dei vincitori del XLVIII Concorso Toti Dal Monte di cui il cast si componeva, è stato assolutamente soddisfacente sul piano interpretativo, mai sopra le righe, mai demotivato o impersonale, vocalmente convincente con una voce piena di bassobaritono dal bel timbro caldo.
A Susanna ha dato vita Francesca Tassinari, risultata altra vincitrice del concorso di cui sopra, perfetta nel ruolo, voce di soprano lirico – leggero piacevole, fresca e brillante che non ha mai mostrato cedimenti o stanchezza.
La russa Yulia Gorgula anche si è vista assegnare il premio Toti Dal Monte, la sua voce di soprano lirico le ha permesso di rivestire il ruolo di Rosina ottimamente e pensiamo avrebbe potuto sostenere ottimamente il peso vocale delle proprie arie anche se avesse dovuto cantarle tenendo un tempo più morbido e con le variazioni nel da capo di “dove sono i bei momenti”, che il direttore non ha evidentemente ritenuto opportuno effettuare. Nel finale, nel momento in cui la Contessa concede il perdono al suo infedele e fedifrago consorte si è davvero sentita “la voce di Dio assolvere tutti i presenti” come fa dire Peter Shaffer al suo Salieri in Amadeus.
Del Conte D’Almaviva ha vestito i panni Christian Federici altro premiato, bassobaritono dal colore di voce piuttosto chiaro e non tonante ma raffinato e capace di risvolti interpretativi interessanti.
Cherubino è stato portato in scena dalla brava Marta Pluda, anche lei reduce dagli allori del concorso canoro, potenziale vocale, volume, duttilità e grande verve attoriale le hanno consentito di disegnare un Cherubino umano, mai macchiettistico.
Grande sorpresa per noi è stata ascoltare la Marcellina di Francesca Cucuzza, la quale ha saputo portare fuori questo ruolo dalla figura di petulante comprimaria e le ha donato una freschezza, uno spessore e una dignità tutte nuove. Vocalmente forse la più dotata del cast, con una voce dal volume possente, dalle agilità facili e dallo squillo solido meriterebbe e avrà di certo in futuro ruoli più centrali, la decisione del direttore d’orchestra di non tagliare, come purtroppo spesso succede, la sua aria “Il capro e la capretta” è stata azzeccatissima e rende chiaro che se ben cantata e ben interpretata non si tratta affatto di aria superflua.
Molto piacevole anche il Bartolo di Baurzhan Anderzhanov, bassobaritono kazako spigliato vocalmente e sul palco, ottimo anche il resto del cast, da Alfonso Zambuto che ha ricoperto i ruoli sia di Basilio che di Don Curzio con una voce per una volta più piacevole e meno irritante di quanto non siamo stati abituati ad ascoltare in altre occasioni. Così come buoni sono stati la Barbarina di Sara Fanin che ha reso onore alla sua brevissima ma splendida aria, e Luca Scapin che ha interpretato Antonio il giardiniere.
L’Orchestra della città di Ferrara ha eseguito con professionalità e precisione il proprio compito, lo stesso ha fatto il coro Benedetto Marcello di Venezia guidato da Francesco Erle.
Splendido cast di giovani che si è esibito in un teatro gremito di un pubblico anche in gran parte giovane, il quale ha tributato il meritatissimo successo allo spettacolo con lunghi applausi e fiori che arrivavano dal palco di barcaccia sul palcoscenico, gettati da chissà quale spettatore entusiasta.
Una serata che soprattutto ha riempito il cuore di tutti i presenti ancora una volta di immensa gratitudine per quel piccolo, immenso, regalo all’umanità che è stato Wolfgang Amadeus Mozart, che chissà se in quella primavera del 1786 mentre poneva le ultime note sul pentagramma nel suo appartamento in Domgasse, poteva  immaginare la propria presente grandezza e la propria futura immortalità.

 

 

JESI | TEATRO G.B. PERGOLESI
STAGIONE LIRICA DI TRADIZIONE 2018
1798-1968-2018
Da 220 anni il Teatro di Jesi
Da 50 anni Teatro Lirico di Tradizione 

venerdì 9 novembre 2018, ore 20.30
domenica 11 novembre 2018, ore 16
LE NOZZE DI FIGARO
Opera buffa in quattro atti
Libretto di Lorenzo da Ponte
musica di Wolfgang Amadeus Mozart

Personaggi e interpreti:
Il Conte di Almaviva Christian Federici*
La Contessa di Almaviva Yulia Gorgula*
Susanna Francesca Tassinari*
Figaro Davide Giangregorio*
Cherubino Marta Pluda*
Marcellina Francesca Cucuzza*
Bartolo Baurzhan Anderzhanov
Basilio/Don Curzio Alfonso Zambuto
Barbarina Sara Fanin
Antonio Luca Scapin
* Vincitori del XLVIII Concorso Internazionale per Cantanti “Toti dal Monte”

direttore Sergio Alapont
regia Francesco Bellotto
scene Emanuele Luzzati
costumi Alfredo Corno
luci Roberto Gritti

Orchestra Città di Ferrara
Coro Benedetto Marcello di Venezia
maestro del coro Francesco Erle

realizzazione del basso continuo al cembalo Lorenzo Feder
comparse Riccardo Ambrosi, Francisco Bois, Lucas Lopes Pereira, Han Zhengji

NUOVA PRODUZIONE
in coproduzione con Teatri e Umanesimo Latino SpA Treviso, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara
in collaborazione con Progetto Opera Studio del Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia

 

 

 

 

 

 

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