All’Opéra Comique di Parigi “Les contes d’Hoffmann” in versione originale


di Alma Torretta

30 Set 2025 - Commenti classica

Torna, all’Opéra Comique di Parigi, “Les contes d’Hoffmann” di Offenbach, nella versione originale con i dialoghi parlati. Protagonista il famoso tenore americano Michael Spyres; attualizzato il ruolo della Musa/ Nicklausse interpretato dal mezzo Héloïse Mas; al soprano Amina Edris l’arduo compito di incarnare tutte le quattro differenti donne del poeta.

(Foto © Stefan Brion)

Da una parte I racconti di Hoffmann sono tornati all’Opéra-Comique nella forma in cui sono nati, proprio in questo teatro parigino nel 1881, quindi con i recitativi parlati e non cantati, ma dall’altra parte i recitativi sono stati riscritti, abbreviati, e soprattutto l’amico Nicklausse, che in realtà è la Musa en travesti, in continuo confronto con lo scrittore Hoffmann, che come una terapeuta, lo pungola per stimolarlo, per metterlo a confronto con i suoi demoni, per esplorare con un taglio più contemporaneo le problematiche della mancanza d’ispirazione e del ricadere sempre negli stessi errori e nelle stesse illusioni in amore del poeta, qui all’inizio dotato di occhiali rosa.

Una riscrittura dei recitativi che rende l’opera forse più attuale nei temi, di sicuro diversa. Ma in fondo non sappiamo come sarebbe stata l’opera, veramente, se Offenbach non fosse morto mentre la stava mettendo in scena e contemporaneamente scrivendo l’orchestrazione.

La partitura è stata poi completata, come si sa, da Ernest Guiraud che, dopo il trionfo nella Sala Favart dell’Opéra Comique, sarà pure incaricato di comporre in musica i recitativi come li preferivano gli altri teatri del mondo, così come fatto anche per la Carmen di Bizet.

L’ultimo capolavoro di Offenbach, che oscilla tra romantico e fantastico, opera seria ma intrisa dell’immancabile comicità, ironia sino alla satira, che caratterizzava Offenbach e corrispondeva alla leggerezza del Secondo Impero, ha quindi inaugurato la nuova stagione dell’Opéra-Comique con la produzione che è andata già in scena in prima assoluta all’Opéra national du Rhin di Strasburgo lo scorso gennaio firmata dalla regista Lotte de Beer, che è la direttrice della Volksoper di Vienna, e la direzione musicale di Pierre Dumoussaud che è pure sul podio adesso a Parigi, mentre nel resto del cast i tre ruoli principali sono cambiati.

Il famoso tenore americano Michael Spyres incarna un Hoffmann commovente, molto realistico nelle sue fantasie e con tutte le sue debolezze; al suo fianco la Musa/Nicklausse, qui presentata in trench argentato, interpretata con buon piglio dal giovane mezzosoprano francese Héloïse Mas; mentre il soprano Amina Edris che incarna tutte e quattro le donne che ama il poeta – Olimpia, Antonia, Giulietta e Stella – pur con tecnica sicura, la necessaria agilità ed acuti svettanti non piace a tutti per la sfumatura aspra delle sue note più alte.

L’allestimento, come il libretto di Michel Carré e Jules Barbier, ispirati dai racconti del grande scrittore tedesco E. T. A. Hoffmann, oscilla tra realismo e fantasia.

Lo scenografo Christof Hetzer fa svolgere le tre differenti storie d’amore fallite di Hoffmann, in un’unica stanza sghemba, un po’ triste, con una tenda in fondo che all’inizio è pure la taverna dove lo scrittore attende Stella che canta nel vicino teatro nel Don Giovanni di Mozart. In realtà, la stanza è su una piattaforma girevole che nasconde dall’altra parte un’altra stanza, identica alla prima, per rendere più rapidi i cambiamenti di decoro, aiutati anche da un sipario tutto nero su cui brilla solo qualche piacevole luce sfocata, le luci sono di Alex Brok. Ma l’espediente si scopre solo alla fine, con sorpresa, al momento degli applausi, quando la piattaforma gira e svela la stanza doppia permettendo anche al pubblico di ringraziare i tanti tecnici li riuniti.

Grazie anche a quest’accorgimento e ai dialoghi più sintetici, scritti dal drammaturgo Peter te Nuyl, lo spettacolo dura in tutto tre ore con un solo intervallo, senza dovere sacrificare il quarto atto, quello di Giulietta ambientato a Venezia, come decisero di fare all’Opéra Comique nelle prime recite, perché l’opera venne giudicata troppo lungo, ma spostando indietro la meravigliosa Barcarola che certo non si poteva sopprimere.

Quindi, c’è un ritorno alla versione originale dell’opera ma molto ragionata, non come andò effettivamente in scena nelle prime rappresentazioni.

L’altra grande novità è di non fare interpretare la bambola Olympia dal soprano che fa finta di essere un automa ma di piazzare nella stanza una gigantesca bambola con la bocca che si muove come se cantasse lei, scelta pure discutibile perché toglie il piacere di vedere la cantante interpretare la bambola meccanica.

Anche Giulietta è trasformata all’inizio da cortigiana veneziana in ballerina parigina con gambe in vista, corsetto e le immancabili piume in testa e un po’ si sente la mancanza visiva dei bei canali veneziani, anche se poi arriva l’abito settecentesco.

I costumi sono di Jorine van Beek e alternano soluzioni riuscite, come tutto il coro vestito ad un certo punto come Hoffmann, ad altre meno efficaci, come appunto nel caso di Giulietta.

Di buon livello tutti gli altri numerosi protagonisti, citiamo solo il bravo baritono Jean-Sébastien Bou che interpreta il rivale Lindor ma anche Coppélius, Miracle e Dapertutto. Il coro è quello eccellente dell’Ensemble Aedes, specializzato a cappella e diretto da Mathieu Romano, di buon effetto la scelta di piazzarlo a tratti in sala.

Nella fossa c’è l’Orchestre Philharmonique di Strasburgo che ben risponde alla bacchetta di Pierre Dumoussaud, la sua interpretazione della partitura è con ritmo quanto attenta alle sfumature più romantiche.

Una coproduzione dell’Opéra National du Rhin con l’Opéra-Comique, la Volksoper di Vienna e l’Opéra di Reims.

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