A Malcolm McDowell il Premio alla Carriera del Lucca Film Festival


a cura di Francesca Bruni

25 Set 2025 - Commenti cinema, Interviste

L’attore Malcolm McDowell ha ricevuto, ieri 24 settembre, il Premio alla Carriera, al Lucca Film Festival 2025. In serata ha presentato in anteprima la nuova versione di “Caligola: The Ultimate Cut”. Pubblichiamo l’audio-intervista, e la trascrizione in italiano, rilasciata alla stampa nel pomeriggio.

(Le foto sono state messe a disposizione dall’ufficio stampa del Lucca Film Festival)

Al “Lucca Film Festival”, mercoledì 24 settembre, l’attore inglese Malcolm McDowell, che nel 1971 impersonò l’iconico personaggio di Alex DeLarge in Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, alle ore 21:00, sul palco del Cinema Astra, ha ricevuto il Premio alla Carriera e ha presentato la versione ricostruita da Thomas Negovan dalla sceneggiatura di Gore Vidal, del film Caligola: The Ultimate Cut, accompagnato dall’artista internazionale Hershey Felder, in collaborazione con FirenzeOnStage.

A sx l’artista Hershey Felder

Il film, che è stato presentato in versione originale con sottotitoli in italiano, racconta della salita al trono – dopo l’assassinio di Tiberio (Peter O’Toole) – del giovane Caligola (Malcolm McDowell), che trascina l’Impero Romano in una spirale di violenza, lussuria e follia. Uscito nel 1980, Caligola è rimasto celebre per la sua travagliata lavorazione e per lo scandalo suscitato all’epoca: divergenze artistiche e ritardi produssero un film ibrido, tanto decadente, quanto controverso. Oltre quarant’anni dopo, Thomas Negovan ne ha proposta una nuova versione, The Ultimate Cut: un’opera completamente ricostruita, senza ricorrere a un singolo fotogramma del film originale, che restituisce forza agli attori (tra cui una splendida Helen Mirren nei panni della moglie dell’Imperatore) e offre uno sguardo inedito sulla follia dell’Imperatore.

Riguardo al Premio alla Carriera, prima della serata, l’attore ha commentato: “è un onore per me ottenere un riconoscimento per tutta la mia esperienza, anche se mi fa sentire un po’ vecchio. In realtà, in effetti, un po’ vecchio lo sono anche se ancora lavoro e mi piace ciò che faccio”.

E riguardo al film Caligola: The Ultimate Cut, ha commentato: “il film è un po’ diverso da quello girato precedentemente da Tinto Brass. Parla di quanto il potere assoluto corrompa totalmente. Non volevo recitare il ruolo di un pazzo per due ore e mezzo, ma mostrare come sia possibile distruggere l’Impero Romano dall’alto”.

Nel pomeriggio McDowell, 82 anni portati alla grande, ha concesso alla stampa un’intervista che riportiamo in formato audio.

Era prevedibile, comunque, che le domande si concentrassero sul film Arancia Meccanica del quale l’attore ha spiegato: “Quando uscì nelle sale rimasi sorpreso dalla reazione della critica alla violenza. Ma non era un film splatter, quanto piuttosto un lavoro filosofico che oggi, infatti, viene letto più in chiave comica anche per il look straordinario. È una pellicola che parla della libertà di scegliere se essere un uomo morale o un uomo immorale e in questo senso è ancora molto attuale. I film di allora erano forse più ribelli e rivoluzionari, era il periodo delle marce contro la guerra in Vietnam e la proliferazione nucleare. Anche adesso si marcia, per altri motivi, diversi, ma ugualmente spaventosi. Probabilmente se Alex vivesse oggi sarebbe in prigione perché c’è più attenzione sui crimini, anche se, soprattutto nelle periferie, sono molto diffusi”.

Malcolm McDowell in “Clockwork Orange” (ph pubblico dominio)

Potete ascoltare, qui sotto, l’intervista rilasciata in conferenza stampa nel pomeriggio da Malcolm McDowell:

Di seguito la trascrizione in italiano dell’intervista stessa:

Come considera il messaggio di Arancia Meccanica in relazione all’inclusione e alla diversità?

Il messaggio del film è sempre lo stesso. Per me, Arancia Meccanica parla della possibilità di scegliere se essere una persona che si comporta in maniera morale o immorale. È una questione di libertà di scelta.

In questo senso, il film non invecchia mai. All’epoca, nel 1970, aveva un’impronta leggermente futuristica, e oggi resta ancora attuale. Alcune parti possono sembrare datate, ma io non l’ho rivisto per vent’anni. Lo ricordo chiaramente, ma non è più parte della mia quotidianità: è come un vecchio amore, qualcosa del passato che ogni tanto riaffiora e che si ama di nuovo.

Guardando al cinema di oggi, le capita di vedere un po’ di Alex in altri personaggi ribelli? O pensa che la ribellione di adesso, quella che si vede al cinema, abbia preso delle strade diverse?

Hai assolutamente ragione. I film di quel periodo erano molto più rivoluzionari e ribelli, suppongo. Ma non bisogna dimenticare che si trattava di un’epoca di grande protesta in Europa e in America. Era il periodo della guerra del Vietnam, fortemente impopolare non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa. In quegli anni, in Europa, ci furono enormi manifestazioni contro la guerra e contro la proliferazione nucleare. Parlo soprattutto dell’Inghilterra, dove sono cresciuto, e ricordo bene le cosiddette “Aldermaston Marches”: marce per il bando delle armi nucleari.

Oggi, naturalmente, marciamo su ritmi diversi, ma la situazione resta preoccupante. Purtroppo, non abbiamo lasciato ai nostri figli un mondo particolarmente sicuro in cui vivere. La situazione è piuttosto grave.

Nella sua incredibile carriera ha sperimentato tutti i generi cinematografici: come decide quali film accettare? C’è qualche conflitto tra le sue preferenze e le proposte che riceve?

No, non mi metto mai a pianificare cosa fare dopo. In realtà puoi fare solo ciò che ti viene proposto, e se non ti offrono nulla non puoi farci molto. Ci sono però alcuni criteri: il ruolo, le persone coinvolte nel progetto, il luogo delle riprese, il compenso. Se riesci a ottenere due di questi elementi, allora vale la pena accettare. Me lo disse una volta James Mason, un grande attore del passato con cui ho avuto la fortuna di lavorare (era già anziano quando ci lavorai io): “Se hai due di questi fattori, fallo”. Ed è proprio così.

Qual è il suo regista preferito di questi anni?

Oh, mio Dio, non potrei mai dire chi è il mio regista preferito, sarebbe terribile! Però posso dirtene uno, perché non è più in vita, e a lui devo tantissimo: è stato lui a scegliermi per il mio primo film, uno straordinario film intitolato Se… Sto parlando di Lindsay Anderson.

Lavorare con lui era come avere accanto un insegnante di Oxford: un grande professore, dal carattere burbero, capace di perdere facilmente la pazienza, non con gli attori, ma se qualcosa nella produzione non andava per il verso giusto. Sapeva riconoscere le falsità a distanza di un miglio. Allo stesso tempo era molto poetico, vulnerabile, un uomo bellissimo. Sono stato incredibilmente fortunato ad averlo come primo regista. All’inizio non mi ero nemmeno reso conto di essere il protagonista del film, ma alla fine diventai il leader di quella banda. E fu proprio vedendo Se… che Kubrick decise di scegliermi per interpretare Alex in Arancia Meccanica.

A Lindsay Anderson devo davvero molto. Ma ho avuto la fortuna di lavorare anche con altri grandi registi. Penso a Robert Altman, uno dei più grandi, che ho amato molto anche come persona: un uomo straordinario, e insieme ci siamo divertiti parecchio… diciamo che eravamo piuttosto scapestrati. Ogni volta che ci trovavamo nella stessa città, ricevevo la sua chiamata: “Ehi ragazzo, sono Bob”. “Ciao Bob, che succede?”. “Sei in giro? Ho una festicciola stasera”. Ci incontravamo in un ristorante e poi andavamo avanti tutta la notte, fino all’alba. Era pazzesco, ma lui era davvero un grande uomo.

Un altro grande con cui ho lavorato è stato Blake Edwards, straordinario regista di commedie. Collaborare con lui è stato fantastico.

Sono stato molto fortunato. Ho avuto la possibilità di lavorare con grandi maestri, ma anche con registi al loro esordio, ed è stato entusiasmante. Vedere un giovane alle prese con il suo primo film, osservare come cerca di lasciare il segno, come prova a mettere su pellicola le sue idee, è qualcosa che mi ha sempre dato grande energia.

Quando ha interpretato Arancia Meccanica, il film ha anticipato molto i tempi, ad esempio è stato un precursore di tutto il tema della violenza giovanile. Lei che percezione ha avuto? Ha mai immaginato che sarebbe stato un film destinato a rimanere nella storia? E ha davvero anticipato i tempi?

Devo ammettere che rimasi colpito dal fatto che molte persone – soprattutto la stampa – si dissero inorridite dalla violenza del film. Certo, la violenza c’è, non si può negare. Ma non è un film di Sam Peckinpah, non ci sono spargimenti di sangue, non è uno slasher movie. È, piuttosto, un film altamente filosofico sotto molti aspetti. Io stesso l’ho sempre considerato una commedia, una commedia nera, certo, ma pur sempre una commedia. E trovo interessante che, quando mi è capitato di rivederlo in sala con il pubblico – ormai vent’anni fa – gli spettatori abbiano colto subito l’ironia, senza prenderlo troppo sul serio.

Detto questo, credo che al momento della sua uscita fu qualcosa di travolgente. Lo stile del film non si era mai visto prima: era potente, straordinario. Tanto che ogni designer a Parigi lo copiò. Persino Madonna, persino David Bowie si vestirono come Alex. E non solo loro: moltissime band adottarono quel look, con la bombetta, le ciglia finte, i dettagli del costume. Insomma, il film si insinuò profondamente nell’immaginario collettivo e permeò molte altre forme d’arte. È stato davvero qualcosa di incredibile.

Il personaggio di Alex potrebbe vivere, secondo lei, anche nel presente? E se vivesse ora, come si comporterebbe?

Probabilmente sarebbe in prigione. Oggi non si può più sfuggire alla legge come forse accadeva nei primi anni Settanta. Naturalmente è un personaggio di fantasia, e c’è chi lo considera uno psicopatico, forse a ragione. Ma quando lessi il libro capii subito che il mio compito era far sì che il pubblico provasse simpatia per lui, senza però barare o indulgere al sentimentalismo. Dovevano apprezzarlo alle sue condizioni.

La sfida, ed è stata la parte più divertente, era proprio trovare il modo per renderlo affascinante. Così l’ho interpretato come qualcuno che amava la vita. Certo, la amava a modo suo: saccheggiando, violentando, picchiando. Era sempre sotto effetto di droghe, come accade oggi a tante bande criminali. Penso ad alcune città americane, ma anche Londra non è da meno: lì, mi hanno detto, è meglio non andare in giro con un orologio d’oro. Situazioni inquietanti. Ma in fondo non è cambiato molto: ci sono sempre bande, droga, attività criminali; solo cambia l’enfasi del momento.

Alex rappresenta proprio questo: il tentativo di giocare con il sistema, di piegarlo ai propri scopi. E la cosa sorprendente è che, in qualche modo, vince. Credo che sia stato proprio questo a disturbare molti spettatori: il fatto che alla fine torni a essere sé stesso. “Ero guarito. Eccome”, dice Alex nel film. Ed è proprio questo, penso, che ha reso la storia difficile da accettare per alcuni, ma allo stesso tempo così affascinante; per me, almeno.

Qual è la sua opinione sugli Stati Uniti di oggi? E sul ruolo di Trump nella politica americana attuale? 

Oh, mio Dio… credo che negli Stati Uniti, in questo momento, la situazione sia piuttosto strana. Nessuno sa davvero cosa succederà. Io non ho idea di come andranno le cose. Posso solo dire che, in America, ogni presidente ha quattro anni di mandato, e dopo i primi due ci sono le elezioni di metà termine per il controllo della Camera e del Senato. Se la popolazione non approva ciò che l’Amministrazione sta facendo, quello è il momento per esprimere il proprio dissenso.

Credo che i dati di popolarità di questa amministrazione siano scesi ai minimi storici. Ma devo dire che ho già visto accadere cose simili in passato. Resta comunque una situazione un po’ inquietante, a mio avviso.

Visto che siamo entrati nel tema, molti suoi colleghi di Hollywood hanno lanciato un appello per boicottare il cinema israeliano. Cosa ne pensa?

Sono davvero contento di vedere che alcuni tra i principali Paesi europei abbiano riconosciuto la Palestina. È un passo nella direzione giusta. Ma bisogna fermare i bombardamenti contro gli innocenti, soprattutto contro i bambini.

A proposito, un applauso al nostro Primo Ministro (Theresa May, ndr), ai tempi della Casa Bianca di Trump: ricordo bene lo sguardo eloquente che lanciò. Non serviva dire nulla, fu perfetto. Tutti noi, quando lo vedemmo, esultammo.

Ma non voglio deprimermi troppo. Guardandomi intorno, mi rendo conto di quanto sia magnifica questa sala. Mio Dio, non è splendida? Ah, ecco, lui è mio figlio Beckett. È qui con me in Toscana e ci stiamo divertendo molto, vero? Non parlerà molto, ma è con me.

Com’è stata la sua esperienza nei franchise di Star Wars e Star Trek? È un appassionato di saghe popolari come quelle di fantascienza o di cinecomic, oppure non è il suo genere di cinema

Fantascienza? Se ti pagano, sì! (ride). Beh, è vero, naturalmente: rientra in quelle famose “due condizioni su quattro” di cui parlavamo prima.

A dire il vero non amo i film horror, ma ne ho girati un paio. Ho lavorato con Rob Zombie perché lo adoro, è un tipo straordinario, e ci siamo trovati benissimo insieme.

E poi certo, ho un grande amore per Irving Kershner, il regista de L’Impero colpisce ancora. Una persona meravigliosa, e quello è davvero un film che rimane nella storia.

E invece le piace la fantascienza?

Sì, è vero, mi piaceva molto Irving Kershner. E poi ho girato Time After Time, che è un film di fantascienza ispirato a La macchina del tempo di H.G. Wells. È un film molto poetico, bellissimo. Non so se qui in Italia sia conosciuto, ma la storia è questa: Jack lo Squartatore ruba la macchina del tempo di Wells e fugge in una città americana moderna, San Francisco. Wells lo insegue lì e si innamora di una donna contemporanea.

È interessante perché Wells, che era un socialista, scriveva dell’uguaglianza delle donne in un’epoca in cui era impensabile farlo. Per questo era molto impopolare. Così, quando incontra una donna moderna, resta davvero spiazzato: non aveva mai visto nulla di simile. È un film dolce, a cui sono molto affezionato, un bel film.

Poi, se vogliamo, si potrebbe persino definire Arancia Meccanica un film horror, e in tanti lo fanno. Ma io non credo che lo sia.

Che ricordo ha di Tinto Brass e qual è stata la sua esperienza con questo regista che è stato sempre giudicato molto controverso?

Tinto mi è sempre piaciuto moltissimo. È un uomo davvero intelligente, straordinario, e mi è sempre stato molto vicino: eravamo come compagni.

Ricordo una passeggiata insieme a Soho, a Londra. Lui aveva una voce roca e mi disse: “Ecco perché amo Soho: ha sesso, cinema e buon cibo”. Ed è vero: a Soho avvengono i montaggi dei film, ci sono ristoranti fantastici e ci sono prostitute ovunque. Lo adorava, e io l’ho adorato. È stato il mio partner sul set, e lavorare con lui è stato un grande piacere. È un uomo straordinario, davvero.

Purtroppo, non sta bene e gli auguriamo di rimettersi, ma credo che non abbia visto questa versione, anche se è molto vicina a ciò che lui ed io avevamo realizzato insieme.

Sta girando nuovi film al momento?

Ho fatto un Western, Last Train to Fortune, che mi è piaciuto molto. È stata la mia prima esperienza in un Western ed è stato fantastico, davvero divertente da girare.

Poi ho lavorato ad un film diretto e scritto da Kevin Walker, inizialmente intitolato Psycho Killer, poi cambiato in PK. Il motivo? Quando cercavano di affittare case per le riprese, raccontare il titolo originale metteva le persone in difficoltà: “Come si chiama il film?” “Psycho Killer!” “Nooo!” Così hanno scelto PK e tutto è andato molto meglio. Quello deve ancora uscire.

Ho anche girato Summer House, che uscirà tra qualche mese.

Ah, e c’era un altro film… Son of a… No, quello non è un film. So che c’è qualche altro progetto, ma non ricordo bene il titolo. Tendo a fare molti film!

Quali personaggi interpreta in questi film?

In quale film in particolare?

In questo qui.

Parliamo di Summer House. È un film molto affascinante, ambientato sulla costa Est degli Stati Uniti, negli anni ’70. Racconta la storia di un giovane di 18-19 anni in attesa della chiamata per il servizio in Vietnam. Ha un numero di leva e quindi prende un lavoro per occuparsi del patriarca di una nobile famiglia, almeno così dovrebbe essere. In realtà il patriarca è un alcolista conclamato, e il ragazzo deve badare a lui, misurargli l’alcol e assicurarsi che non perda il controllo. Puoi immaginare che ne succedano di tutti i colori. Ci sono molte situazioni comiche e altre più drammatiche. È un film che ho apprezzato molto, scritto davvero bene.

Sto per girare anche un film tratto da Jane Austen, Northanger Abbey. Non sarà però un adattamento in costume: la storia è stata aggiornata ai giorni nostri. È una sceneggiatura molto interessante, quindi non vedo l’ora di affrontarla.

Per quanto riguarda Last Train to Fortune, interpreto un insegnante inglese che viene licenziato dalla sua scuola dopo aver colpito il preside. Decide allora di trasferirsi negli Stati Uniti occidentali, in un piccolo paesino chiamato Fortune, per ricoprire il ruolo di maestro. Tuttavia, perde il treno per arrivare a destinazione e rimane bloccato in una zona desolata, su un unico binario, in una piccola capanna. Qui viene derubato da un pistolero, ma grazie alla sua parlantina riesce a convincerlo a guidarlo a cavallo fino a Fortune. Durante il viaggio succedono molte avventure. È un film davvero piacevole e affascinante.

Non vediamo l’ora di vederli! Grazie mille!

Grazie a voi!


Malcolm McDowell, che prima di diventare il protagonista del cult Arancia Meccanica aveva già recitato in film quali Se… per la regia di Lindsay Anderson (1968) e Caccia sadica, diretto da Joseph Losey nel 1970, ha lavorato, nella sua lunga carriera anche per registi del calibro di Blake Edwards, Robert Altman, Hugh Hudson, Rob Zombie, Michel Hazanavicius e Jay Roach, recitando anche in film italiani quali Mortacci, per la regia di Sergio Citti (1989), Maggio musicale, diretto da Ugo Gregoretti nel 1989 e Cuori estranei, diretto da Edoardo Ponti nel 2002. Candidato al Golden Globe nel 1972 come Miglior attore in un film drammatico per Arancia meccanica, nel 2005 ha vinto un Nastro d’Argento Europeo per il film Evilenko, diretto da David Grieco. Il 16 marzo 2012 gli è stata inoltre conferita una stella al 6714 dell’Hollywood Boulevard sulla Hollywood Walk of Fame, nella categoria Motion Pictures.

Sono di prossima uscita diversi altri film che vedono Malcolm McDowell ancora protagonista: il western Last train to fortune (con le musiche scritte dal figlio) e Summerhouse di Ed Kaplan. A breve inizierà le riprese di una pellicola su L’abbazia di Northanger di Jane Austen, attualizzato ai giorni nostri.

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