Tutto perfetto per “La sonnambula” al Teatro delle Muse di Ancona


di Roberta Rocchetti

12 Ott 2019 - Commenti classica, Musica classica

Ottima prova di tutti i reparti per l’ultima opera in programma al Teatro delle Muse di Ancona. Tutti d’accordo sul fatto di aver assistito a qualcosa di incontestabilmente bello per La sonnambula di Bellini.

Ancona – venerdì 11 ottobre 2019. Una bellissima produzione de La sonnambula di Vincenzo Bellini ha chiuso la stagione lirica 2019 del Teatro delle Muse di Ancona. L’opera del compositore catanese è planata sul pubblico leggera come la neve che sempre è caduta durante lo svolgersi delle vicende, col suo carico di bellezza, malinconia, soavità e anche di gioventù, quella gioventù nella quale la vita di Bellini si è fermata per l’eternità.
Della parte visiva e della genesi dell’opera ne parlerà più approfonditamente e come sempre in maniera avvincente ed esaustiva Alberto Pellegrino, ma non possiamo esimerci dal fare un accenno alle ricercate regia e scenografia di Cristian Taraborrelli, sempre al servizio delle voci e dello svolgimento delle vicende, cosa niente affatto scontata, rese chiare e lineari usando simbolismi ed archetipi diretti e capaci di colpire immediatamente il tasto emotivo corrispondente ma mantenendo una essenzialità ed atemporalità che renderà questa produzione ancora efficace ed attuale anche tra molti anni. Ottima la sinergia con i costumi di Angela Buscemi, che ha usato i colori per delineare efficacemente le varie personalità dei personaggi ed anche la natura degli eventi, un esempio su tutti il velo, forse non a caso rosso, che Lisa perde nella camera del conte a simboleggiare perdite ben più fondamentali come la spilla di Barbarina nelle Nozze di Figaro di Mozart, rimanendo in tema con il racconto originale ma senza mai scadere nell’iconografico stucchevole. Infine da aggiungere le proiezioni di Fabio Massimo Iaquone le quali hanno sottolineato i momenti chiave della drammaturgia enfatizzando l’aspetto onirico, e che ci hanno ricordato un po’ le ectoplasmatiche immagini dell’Atlante di Jean Vigo richiedendo agli interpreti di sviluppare una buona espressività anche dal punto di vista della mimica facciale, cosa non sempre fondamentale nell’opera dal vivo, ma in questo caso invece di grande impatto.

Anche dal punto di vista vocale la serata è stata esente da pecche, partendo dalla Amina di Veronica Granatiero, brava, bella e giovane soprano. Convincente nell’aspetto, resa dalla regia leggermente inquietante nelle scene del sonnambulismo, un po’ Samara di The ring o Catherine di Cime tempestose cosa che abbiamo comunque apprezzato moltissimo avendo colto secondo noi l’aspetto più profondo del  libretto di Felice Romani che contiene una vena di inquietante malinconia senz’altro sottolineata dalla meravigliosa musica di Bellini, ha dispiegato una voce piena e affilata come un rasoio ma capace anche di estraniarsi nelle scene del sonno incoronando la sua performance con un “Ah non credea mirarti e “Ah non giunge” acclamatissimi dal pubblico, belcantista pura non ha incontrato difficoltà nelle agilità pur non dimenticando mai di mettere anima nell’interpretazione. 
Molto soddisfacente la prova di Marco Ciaponi che ha rivestito il ruolo di Elvino, il confuso ragazzo di paese che non conoscendo la malattia del sonnambulismo di cui soffre la sua bella rischia di ripudiare la futura ed innocente sposa che inconsapevolmente si infila in letti compromettenti facendo scriteriatamente ricadere la sua scelta di ripiego su quella che nei letti altrui ci si infila in maniera consapevole. Il tenore toscano è stato un Elvino convincente, fresco, ottima recitazione molto bilanciata e credibile e voce di solido cristallo nelle zone acute ma capace di non perdere peso e consistenza anche in quelle più gravi senza sbilanciarsi nei passaggi, creando un unicum fluido che è arrivato al pubblico con armonia e vigore.
Ottima anche la perfida Lisa di Maria Sardaryan, qui troviamo agilità snocciolate senza apparente fatica, note liquide ma consistenti tanto da farle ricevere un’acclamazione alla fine di “De’ lieti auguri”, il soprano armeno ha anche saputo calibrare bene il proprio ruolo di personaggio negativo senza eccedere in gestualità esasperate facendo strisciare la propria perfidia in maniera assolutamente realistica e per questo convincente.
Il Conte Rodolfo è stato interpretato da Alessandro Spina, all’insegna dell’eleganza che è stato il tratto identificativo di questa messa in scena insieme ad una capacità di bilanciamento dei vari elementi praticamente perfetta, ha dato vita ad un personaggio mai sopra le righe ma al contempo empatico e persuasivo, il basso è andato prendendo sicurezza mano a mano che la vicenda proseguiva e la sua interpretazione al momento di “Vi ravviso o luoghi ameni” forse più timorosa benché assolutamente buona ha preso via via spessore facendone un altro ottimo protagonista della serata capace di coinvolgere il pubblico nella sua lotta tra istinto e onore.
Anche la Teresa di Isabel De Paoli, l’Alessio di Giuseppe Toia e il notaio di Anzor Pilia non hanno deluso, guadagnandosi la loro fetta di applausi convinti.
L’Orchestra Sinfonica G. Rossini e l’Orchestra fiati di Ancona guidate da Alessandro Agostini che ha saputo sostenere e guidare le voci con tocco ponderato e sempre al seguito della drammaturgia sono state impeccabili e sempre coese, così come il Coro Lirico Marchigiano V. Bellini guidato da Davide Dellisanti che abbiamo trovato in serata di grazia più che mai, forse in onore al compositore del quale portano il nome.
Il pubblico soddisfattissimo ha tributato lunghi minuti di applausi a tutto il cast visivo e sonoro, e si è avuta la percezione che una volta tanto i melomani sempre così battaglieri e in contrasto sul proprio modo di percepire l’opera si siano trovati in una di quelle rare serate dalle quali si esce dal teatro tutti d’accordo sul fatto di aver assistito a qualcosa di incontestabilmente bello, dimostrato anche dal fatto che nessun cellulare si è acceso in maniera molesta durante la rappresentazione, nessun chiacchiericcio a segnalare noia e desiderio di evasione, la concentrazione del pubblico è stata totale dall’inizio alla fine.

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