Radiohead: cosa resiste nella nevrosi del postmoderno


di Chiara Bartolozzi

22 Dic 2016 - Commenti live!, Musica live

Radiohead1 MusiculturaonlineFERMO – È un’atmosfera artistica, mistica, ma anche familiare quella che ci accoglie ad Artasylum, il Caffè letterario che si trova nella piazza centrale di Fermo e dove domenica scorsa 11 dicembre si è svolto l’incontro-approfondimento sul gruppo dei Radiohead e le tematiche affrontate dalla sua musica organizzato dalla Fondazione San Giacomo della Marca di Porto San Giorgio.
È Davide Tartaglia, ingegnere edile, poeta e scrittore di Ascoli Piceno a introdurci e spiegarci il mondo di Thom Yorke – il leader del gruppo – e dei suoi musicisti.
Il relatore ha recentemente pubblicato la sua recensione sull’ultimo lavoro dei Radiohead (“A Moon Shaped Pool”) ed è dopo la lettura di questo articolo che l’associazione ha deciso di richiedere il suo intervento per dare un’interpretazione del pensiero che accompagna il gruppo dal 1992 attraverso i vari album pubblicati fino a oggi.
Tutto ha origine da una passione che Tartaglia ha da sempre per questo gruppo e quando la passione chiama, occorre rispondere.
Gli scrittori, i musicisti, gli artisti in generale hanno una lente d’ingrandimento sull’esperienza umana, riescono a percepire quello che normalmente può sfuggire e non è immediatamente intuibile. Ci trasmettono perciò quello che sentono e vedono al di là di ciò che la realtà ci propone, hanno uno strumento in più per decodificare ciò che accade.
La questione centrale attorno alla quale il leader del gruppo Thom Yorke crea la sua arte è l’interconnessione che la tecnologia ci propone e sottopone e che invece di aiutarci nelle nostre relazioni svela il suo lato ombra e cioè una solitudine che lentamente si impossessa di noi e ci priva della nostra umanità. C’è una grande prospettiva di progresso, ma di regresso umano.
Infatti, ciò che traspare è un disagio esistenziale che deriva dalle falle del sistema del capitalismo liberalista. Esiste uno scollamento tra la società economica sempre in crescita e quella umana che è sempre meno umana.
La nascita della loro carriera è a cavallo con l’esplosione del web e dei social – e perciò all’alba di un nuovo modo di essere collegati attraverso una comunicazione continua – che sono il seme della solitudine. Come ha ciò influenzato i Radiohead? Per tracciare una mappa del percorso della band fino ai giorni nostri, Tartaglia ha analizzato alcuni dei suoi brani preferiti e alcuni tra i più famosi.
Si inizia con l’album Pablo Honey (1993). I Radiohead sentono un’urgenza espressiva leale che li spinge a esprimere tutto il loro disagio.
Sono musicalmente cervellotici e perfezionisti e sono influenzati da U2, The Smiths, Nirvana, REM, cioè con gli artisti esponenti del post-punk anni ’80 e che sono stati portavoce di una ribellione umana violenta.
Il brano scelto è “Creep” (Perdente), che tratta il tema dell’alienazione e si pone una domanda esistenziale: “Cosa ci faccio su questa terra?”.
La struttura della canzone è semplice, infatti si tratta della classica strofa-ponte-ritornello, ma racchiude tutto il disagio, il dramma dell’essere umano che si ritrova ad affrontare tutta la bellezza dell’universo racchiusa in un’immagine (a ognuno la sua interpretazione: la persona amata? Il mondo?) a confronto con la propria condizione, il proprio malessere di fronte a questa perfezione.
La profondità de pezzo e il suo tono cupo la rende un masterpiece perché non descrive solo una condizione umana, è quella ferita che ci trapassa.
Il secondo album che viene presentato è The Bends (1995). Qui le tematiche sono la solitudine, la meccanizzazione (tema ampiamente ripreso anche dai Pink Floyd) e le conseguenze corrosive della fama. I Radiohead percepiscono la pressione di questo mondo inautentico.
La prima scelta ricade sulla title trackThe Bends” l’immagine utilizzata è l’“embolia gassosa”, che ti fa provare dolori lancinanti e ti fa piegare su te stesso. Per il gruppo è la metafora di un successo vissuto in apnea.
C’è poi “Fake Plastic Tree”, un’acoustic ballad che parla di un amore logorato, un amore di plastica.
L’urgenza dei Radiohead di dirsi, di raccontarsi è presente in ogni passaggio. All’interno della loro musica esiste una dicotomia tra amore e dolore. In questa canzone ritroviamo la tematica espressa attraverso la consapevolezza che l’amore è finto, ma il dolore che ne deriva è reale e il cantante lo sente comunque.
Si passa poi al terzo lavoro della band: Ok computer (1997). L’album ha una connotazione politica; i Radiohead vogliono scrollarsi di dosso l’etichetta con cui vengono definiti “depressivi e nostalgici” e cercano di dire qualcosa di positivo.
Tra le canzoni più famose viene citata “Paranoid Android” che è una cavalcata rock, un pezzo tripartito dove il primo e il terzo passaggio hanno un certo ritmo sostenuto e il secondo passaggio è più lento. È annoverata tra i capolavori come Starway to Heaven (Led Zeppelin) e Bohemian Rhapsody (Queen) ed è una canzone in cui Thom Yorke condanna gli yuppies, i giovani imprenditori di successo.
È un’indagine sull’uomo e sul tempo che passa e si conclude con la pioggia vista come immagine biblica di salvezza. La questione che viene messa in luce è la ricerca di una giustizia al di fuori di se stessi, mentre la giustizia è qualcosa di interiore. Cadere nel burrone più profondo dell’umano è il modo di scoprire la speranza.
Il secondo pezzo tratto da questo album è “Lucky”. Qui troviamo chitarre lamentose alla Jimmy Page dei Led Zeppelin; il tema portante è il rifiuto dell’umanità perché troppo dolorosa, ma la consapevolezza è che la salvezza risiede nel passare attraverso la sofferenza.
Si prosegue con l’album Kid A (2000) con cui i Radiohead si reinventano completamente non per gusto estetico autoreferenziale, ma per scoprire nuove terre.
Citando Gustav Mahler, Tartaglia sottolinea che: “Tradizione è conservare il fuoco, non adorare le ceneri”.
Ciò che Thom Yorke e i suoi intendono fare è cambiare per conservare il fuoco che ha daThom Yorke-2015-billboard-1548 Musiculturaonline sempre caratterizzato la loro musica. La nuova frontiera che il gruppo esplora è quella di far sì che i musicisti siano presenti musicalmente e sul palco senza suonare alcuna nota; l’arte, la musica parte da un’esperienza personale, ma l’opera può vivere in se stessa.
Il brano scelto è “Idioteque” in cui si descrive tutta l’ansia del mondo che va in sfacelo; è un atto di ribellione verso l’economia globalizzata.
Direttamente collegato al lavoro precedente è Amnesiac (2001), perché questo album presenta le tracce che non erano state incluse in “Kid A”.
Thom Yorke ha detto di questo album, “La nascita di Amnesiac è stato come entrare in casa di qualcuno, aprire un armadio e trovare gli appunti di viaggio dei padroni di casa”.
Il leit motiv di questo lavoro in studio è la denuncia verso l’uomo occidentale sempre perfetto che fa i conti con la delusione. Il problema non è il desiderio, l’attesa. Il punto focale è sbagliare il posto, il cercare nel posto sbagliato.
La prima canzone estratta è “Packt Like Sardines In a Crushed Tin Box” che si caratterizza per un tamburello che ritroviamo per tutta la durata del pezzo e che si mescola ai suoni campionati.
Per Thom Yorke la religione dell’uomo è l’assenza di umanità.
La seconda è “Pyramid song” in cui viene ripreso il brano “Freedom” del jazzista Charles Mingus. Il testo della canzone è una richiesta di libertà come un ritorno a casa. C’è un riferimento allo Spiritual del 1860 “Swing Low, Sweet Chariot” e tutto il brano è pervaso da un’attesa di liberazione. La speranza non è morta.
L’ultima scelta è “I might be wrong” i cui c’è l’attesa di una presenza, di qualcuno; l’essere consapevoli della presenza della persona amata che permette la riscoperta del vero.
Lo scalino successivo è l’album In Rainbows (2007). La traccia rappresentativa scelta è “Videotape”. Nel brano c’è una corrispondenza palmare tra testo e musica. Il testo è la registrazione dell’ultimo saluto alla persona amata (“This is my way of saying goodbye”). C’è uno scivolamento, una sorta di controtempo. C’è una sottotraccia ritmica che è presente dall’inizio del pezzo e con lo scorrere della canzone, la voce e gli strumenti si accodano al nuovo ritmo.
Come chiusura dell’intervento c’è un balzo temporale e si passa: A Moon Shaped Pool (2016). l’ultimo lavoro dei Radiohead che esce dopo la fine del matrimonio tra Thom Yorke e la sua storica compagna Rachel con cui è stato sposato 23 anni e che è morta di cancro da pochi giorni.
La prima traccia scelta è “Desert Island Disk” in cui il leader del gruppo è nostalgico, ma speranzoso, perché è finalmente consapevole che diversi tipi di amore sono possibili.
A conclusione dell’intervento il secondo pezzo scelto è “True Love Waits. Qui troviamo un uomo totalmente nudo e senza difese che dopo essersi avventurato tra le pieghe di un mondo arido che non ha compreso il dolore che lo stava attraversando, perciò non all’altezza del desiderio, innalza una preghiera: semplicemente non andare via (“Just don’t leave, don’t leave”). Implora quell’amore vero che lo aspetta e che, sì, ci aspetta tutti.

Radiohead MusiculturaonlineCosa resiste dunque nella nevrosi del post-moderno?
Quello che resiste è l’attesa di un amore che colmi il cuore.
L’amore è ciò che può veramente salvarci da un mondo in cui i sentimenti si perdono dietro la fama, il successo e la meccanizzazione. Un mondo dove la spiritualità sembra non poter sopravvivere. Ma, la verità è che ciò che sopravvive è una fede profonda che nutra in sé la speranza, sua compagna, che esista quell’amore in grado di riportarci in vita e liberarci dalla morsa di un mondo arido in cui l’unico Dio è la materialità.

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