Musica tra Milano e Venezia al Castello Sforzesco di Milano


di Vincenzo Pasquali

18 Apr 2017 - Commenti classica, Musica classica

img_2818-musiculturaonlineMilano, 10 aprile 2017. In occasione della preview di una sala del nuovo percorso del Museo delle Arti Decorative al Castello Sforzesco e concomitante alla presentazione al pubblico delle ricostruzioni di antichi strumenti musicali, quali il clavicembalo cromatico di Gesualdo da Venosa e la chitarra antica Mango Longo, si è svolto il delizioso concerto di musica barocca dal titolo Musica tra Milano e Venezia nel salone degli arazzi (Sala della Balla) eseguiti nel XVI sec. su disegno del Bramantino, proprio accanto al museo degli antichi strumenti a tastiera (comprende il prezioso Trasuntino, unico clavicembalo del ‘500 superstite al mondo) che ospita anche una discreta attività musicale ed eventi di interesse musicologico. Esecutori del concerto erano il maestro Andrea Zepponi che ha eseguito al clavicembalo tutti braniimg_2819-musiculturaonline settecenteschi ed ha accompagnato la voce del controtenore Angelo Bonazzoli in alcuni pezzi lirici. Il programma aveva il palese intento di tematizzare la liaison della tradizione musicale veneziana-milanese e quella vetraria – la preview riguardava infatti la sala della collezione di vetro d’arte contemporaneo Bellini-Pezzoli – e ha toccato la musica di Giovanni Battista Sammartini con tre straordinarie sonate, la XIV in sol maggiore, la XV in sol maggiore e la IV in do maggiore, tutte ascrivibili al periodo barocco del compositore che, nella sua vita artistica, ebbe una vicenda evolutiva simile a quella di Haydn: la prima e la terza hanno un chiaro ascendente scarlattiano dai tratti tecnico-virtuosistici e brillanti, la seconda presenta una cantabilità operistica con un andamento del basso frastagliato e tendente al contrappuntistico; risolte dal maestro Zepponi in modo efficace e con un fraseggio eloquente – anche con una cadenza aggiunta alla fine della XIV – sfruttando al meglio le potenzialità organologiche del Taskin, messo a disposizione dall’assistente conservatore del Museo degli strumenti musicali antichi, dr.ssa Valentina Ricetti, e approntato, con accordatura Vallotti e impennatura, dal maestro cembalaro Augusto img_2823-musiculturaonlineBonza, a dire il vero un po’ flebile nel volume (per ovvi motivi di antichità) ma timbricamente espressivo come clavicembalo di tipo francese. Seguiva la cantata di Antonio Vivaldi, “Alla caccia, alla caccia” aria – recitativo – aria, con cui il controtenore Bonazzoli ha esordito esibendo quella abilità di “passaggiare” su frasi lunghe e progressioni sottesa al canto vivaldiano con una notevole uniformità del registro medio basso in tessitura da contralto. Indi il numeroso pubblico intervenuto ha potuto ascoltare brani cembalistici di uno dei geni musicali della tastiera antemozartiani come Baldassarre Galuppi nella patetica Sonata II in do minore, nei tempi larghetto – allegro – allegro assai, che ha generato il carattere umorale di tante sonate preclassiche, ad es. quelle di Ph. E. Bach. Interesse suscitato dal maestro è quello di usare il registro di otto piedi dello strumento in funzione espressiva anche al di là degli effetti di eco o della struttura dinamica a terrazze per cui la tenuta espressiva si estende anche nelle ripetizioni che pure presentavano nella sua esecuzione variazioni e abbellimenti aggiunti. Così è stato anche per la Sonata VIII in sib maggiore nei tempi andantino- allegro assai – giga in cui il primo movimento è senz’altro il più bel pezzo di musica per tastiera scritto prima di Mozart, affettuoso, venato di malinconia e solidamente tessuto su una struttura armonica rigorosa e trasparente. L’aria dell’opera Idaspe dal titolo “Ombra fedele anch’io” di Riccardo Broschi, fratello del celeberrimo Farinelli, è stata composta per Venezia nel 1730 ed è un esempio di varietà caratteriale tra sezione A e B dove gli affetti sono diversificati da diverse scansioni agogiche in tempo binario nella prima e tempoimg_2824-musiculturaonline ternario nella seconda in modo da rendere il brano una vera e propria scena espressiva ed articolata: lunghe frasi con messa di voce e batterie di appoggiature in crescendo che Bonazzoli ha dipanato magistralmente contando su una bella comunicativa con il pubblico e la capacità di riempire l’enorme sala con la voce nelle zone di culminanza e in quelle cadenzanti del da capo. Cordialmente applaudito, ha proposto come bis il brano farinelliano più cult, l’aria di tempesta “Son qual nave” dello stesso Broschi, anche solo eseguendo la sezione A, accompagnato dal maestro Zepponi con una sensibile riduzione cembalistica della parte orchestrale, e dimostrando di saper esibire ogni risorsa tecnica del belcanto barocco – scale, cascate, roulades, trilli, mordenti, picchiettati, messe di voce, canto di sbalzo ecc. – di cui la suddetta aria è certamente una summa. Alla fine, gli applausi tributati alla pregnanza dei due esecutori, hanno inoltre premiato l’aspetto occasionale del concerto, la sua tempistica e il repertorio proposto.

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