Mario Martone e la rivoluzione del confronto in “Capri Revolution”


di Francesco Pascali

29 Dic 2018 - Commenti cinema

“Quest’isola compare e scompare continuamente alla vista e sempre diverso è il profilo che ciascuno ne coglie. In questo mondo troppo conosciuto è l’unico luogo ancora vergine e che ci attende sempre, ma solo per sfuggirci di nuovo”. È con queste parole di Fabrizia Ramondino che si apre il nuovo, entusiasmante film di Mario Martone, Capri Revolution, già nelle sale dal 20 dicembre. Siamo nel 1914, agli albori della prima guerra mondiale. Una comune di giovani nordeuropei ha visto in Capri il luogo ideale per approfondire la propria ricerca nella vita e nelle arti, ma si imbatte inevitabilmente nella forte identità che contraddistingue l’isola e i suoi abitanti. Il film si sviluppa raccontando l’incontro di una giovane capraia, Lucia (una bravissima Marianna Fontana) con i membri della comunità e soprattutto con la loro guida Seybu (Reinout Scholten van Aschat), e del giovane medico del paese (Antonio Folletto), che incarna la scienza e gli ideali progressisti. Lucia vive in prima persona una piccola rivoluzione che è prima di tutto mentale, in quanto si pone per la prima volta delle domande, cambia completamente il proprio rapporto col corpo e il senso del pudore, con l’idea stessa di identità.
È un film completamente immersivo e attraverso il quale si impara a guardare le cose da un punto di vista inedito, oltre ogni apparenza. Lo spettatore segue Lucia, la sua graduale presa di coscienza e come lei è avvinto dalle meraviglie di un’isola che è riuscita ad attrarre chiunque sentisse la spinta dell’utopia e coltivasse ideali di libertà. Resta stupito e attonito, viene trasportato in una dimensione altra (complici le stranianti musiche di Sasha Ring Apparat, le coreografie di Raffaella Giordano e il sapiente uso delle luci di Michele D’Attanasio).
Durante un incontro all’Università La Sapienza di Roma, organizzato da Paolo Di Paolo (giornalista e scrittore), Elisabetta Mondello e Giulio Perrone (docenti rispettivamente di Letteratura Contemporanea e Gestione dell’impresa culturale), Mario Martone ha avuto modo di dialogare con gli studenti intorno al film. Capri Revolution è l’ultimo tassello di una trilogia iniziata nel 2011 con Noi Credevamo e proseguita nel 2014 con Il Giovane Favoloso, dedicata alla libertà, come spazio dei singoli che avvolge anche quello collettivo. “La trilogia si è formata strada facendo”, racconta Martone. “Il mio rapporto col passato è qualcosa di inaspettato perché la mia attrazione è stata sempre per l’avanguardia e la contemporaneità: ho sempre immaginato l’Ottocento come un secolo polveroso, non particolarmente attraente. Sono state delle domande che riguardavano il presente a scatenare questa specie di macchina del tempo. Incominciando a indagare la storia, le cose si facevano improvvisamente più vive, più vere: non vedevo più quella polvere, ma dei giovani ribelli che vivevano nella problematicità. È così che sono nati Noi Credevamo e successivamente Il Giovane Favoloso”. La macchina del tempo evidentemente non era ancora del tutto esaurita. “Ero guidato dal desiderio di realizzare un film in cui ci fosse una donna protagonista. A un certo punto scopro dell’esistenza di una comune come quella che racconto nel film, che è una sintesi tra quella che c’era realmente a Capri, guidata dal pittore spiritualista Karl Diefenbach e quella più importante e più grande che c’è stata in Svizzera a Monte Verità: sono comuni antimilitariste, vegetariane, naturiste, che reagivano a quella che era stata la rivoluzione industriale. Nasce così per la prima volta una reazione a favore di una cultura nuova, diversa, che loda il rapporto del corpo con la natura, che mette a fuoco tutta una serie di questioni spirituali in un modo non legato alle religioni tradizionali, ma semmai alla tradizione orientale, alla filosofia e alla religione indiana”. I temi di cui si occupano i membri della comune sono attuali e ci riguardano tutti.
Ma qual è la vera rivoluzione che i personaggi di Capri Revolution innescano?  “Per me si sviluppa una rivoluzione ogni volta che in un essere umano si verifica il desiderio di rompere una gabbia. Anche quando sono altri ad essere chiusi in questa gabbia. E questa spinta è propria soltanto dell’essere umano. È come un fiore, che nasce e poi dura quel che dura: a volta poco, a volte viene calpestato, a volte si organizza, formando un prato di fiori. È la forza dell’illusione che si possa cambiare la condizione di vita del nostro mondo. Ma, come dice Leopardi, non si esiste senza la forza dell’illusione: è questo che anima i miei personaggi”.
Capri Revolution è anche un film fondato sul dubbio, sulla dialettica. Confessa, appassionato, Martone: “Sono portato a immedesimarmi in tutti i personaggi, soprattutto in Lucia, nella sua spinta a conoscere, a progredire, a non fermarsi e non accontentarsi. Questo continuo alimentare domande e confronti mi sembra una rivoluzione fondamentale. La vera gabbia nella quale siamo oggi è quella dell’assenza del confronto: ci sono solo scontri chiusi tra gente convinta di possedere la verità da un lato o dall’altro. Forse ho fatto questo film anche per provare a rompere gabbie del genere perché è tutto costruito su aperture, su scontri faccia a faccia da vivere e da superare, che portano a fare delle riflessioni”.
Durante le festività natalizie, quindi, anziché optare per riconciliazioni strumentalizzate e ritorni leciti ma un po’ improbabili, regalatevi un film bello e coinvolgente come Capri Revolution. Una piccola rivoluzione può partire anche da qui…

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