“La vita avventurosa di Cecco d’Ascoli. Medico, scienziato, astrologo e poeta”, di A. Pellegrino


a cura della Redazione

24 Giu 2019 - Libri

In occasione del 750° anniversario della nascita di Cecco d’Ascoli è stato pubblicato il saggio di A. Pellegrino La vita avventurosa di Cecco d’Ascoli. Medico, scienziato, astrologo e poeta” .

In occasione del 750° anniversario della nascita di Cecco d’Ascoli è stato pubblicato da Andrea Livi Editore (Fermo, aprile 2019) il saggio di Alberto Pellegrino intitolato La vita avventurosa di Cecco d’Ascoli. Medico, scienziato, astrologo e poeta, uno studio che analizza, secondo un’ottica storica e sociologica, la figura di questo poeta, scienziato e filosofo, collocandola nella società del suo tempo, nell’ambiente politico e culturale delle città di Ascoli, Bologna e Firenze, nelle quali è vissuto.

Francesco Stabili (Ancorano di Ascoli 1269 – Firenze 1327) assume il nome di Cecco d’Ascoli e, dopo i primi anni di studio, si trasferisce presso la Scuola Medica Salernitana che nel Duecento è la prima e più importante scuola di medicina d’Europa, un faro di scienza per tutta l’area del Mediterraneo, dotata di un “Almo Collegio” di docenti che ha il compito di tutelare la professione medica dalla concorrenza dei cosiddetti medicastri senza abilitazione accademica, contro i quali si scaglierà anche Cecco d’Ascoli, definendoli stregoni e ciarlatani.

Il saggio si preoccupa per prima cosa di sfatare le leggende sorte intorno alla figura di Cecco che, una volta ritornato nella sua città, è accusato di praticare la magia nera. A questo scopo sono analizzate le varie fonti letterarie e le differenze tra arti magiche e astrologia, considerata nel medioevo un’attendibile scienza divinatoria, tanto da essere insegnata nelle università e da essere seguita nei suoi responsi da regnanti e uomini di potere. Al contrario, essa è guardata con sospetto dalla Chiesa, la quale sostiene che, se il destino umano è segnato e governato dagli astri, la stessa vita, passione e morte di Gesù Cristo perderebbe ogni valore. Questa tesi è stata sempre contestata da Cecco d’Ascoli, il quale afferma che l’astrologia non intacca il libero arbitrio dell’uomo, il quale mantiene il potere di scegliere e indirizzare le proprie azioni indipendentemente dalle indicazioni degli astri.

Alla fine del Duecento Cecco si trasferisce a Firenze, dove entra in contatto con gli ambienti letterari del tempo e qui nasce un’altra leggenda, avvalorata dalla critica letteraria della fine dell’Ottocento e del primo Novecento, secondo la quale sarebbe sorta una profonda inimicizia tra Dante Alighieri e il poeta ascolano, tanto che il suo poema L’Acerba viene definito l’Anticommedia.

Teorie più recenti hanno sottolineato il fatto che i due personaggi non sono divisi da astio o antipatie personali, ma hanno una visione completamente diversa del mondo, della vita e della poesia. Dante, con il suo grande poema, chiude il Medioevo, mentre Cecco annuncia i tempi nuovi e precorre per certi versi l’Umanesimo, perché scrive il più grande poema didascalico e scientifico del Trecento; inoltre, a differenza dell’Alighieri, può essere considerato un martire del libero pensiero per avere rivendicato fino alla morte sul rogo il valore dalla libera ricerca e del sapere come unico fondamento della nobiltà dell’uomo.

Cecco trascorre Il secondo periodo della sua vita a Bologna, essendo stato chiamato a insegnare medicina e scienza in una delle più celebri e stimate Università europee. Perseguitato dai suoi nemici e dalla Chiesa, egli è costretto ad abbandonare la città felsinea, dopo la condanna dell’Inquisizione, per fare ritorno nel 1326 a Firenze, dove riceve l’incarico di astrologo e medico di corte da Carlo d’Angiò duca di Calabria e signore di Firenze.

Cecco arriva in una città dilaniata dalle guerre tra guelfi e ghibellini e trova ancora una volta una forte ostilità negli ambienti medici, politici ed ecclesiastici, per cui viene processato dall’Inquisizione e condannato al rogo per eresia, sentenza che sarà eseguita nel settembre 1327 in Piazza Santa Croce. Tutti i suoi libri sono al pari condannati ad essere bruciati, compreso il poema L’Acerba che si salva ad opera di alcuni fedeli amanuensi.

Il saggio comprende una dettagliata analisi dei cinque libri del suo poema, mettendone in evidenza i contenuti scientifici, i valori morali, gli insegnamenti sull’importanza della conquista del sapere. L’aspetto più innovativo del saggio è rappresentato dal confronto tra la vita e il pensiero del poeta ascolano con la vita e le opere dello studioso tedesco Johan Georg Faust, anche lui accusato di magia e stregoneria, del filosofo Giordano Bruno, la cui esistenza si conclude tragicamente sul rogo in Piazza di Campo de’ Fiori dopo la condanna dell’Inquisizione romana.

Il saggio si chiude con alcune considerazioni riguardanti l’eredità culturale e morale lasciata da Cecco d’Ascoli, la cui lezione più attuale si basa su alcuni fondamentali insegnamenti: non credere nel determinismo del Fato e ritenere invece  che la fortuna umana s’identifichi con la possibilità di conquistare e approfondire il sapere: (“Non è fortuna che ragion non vinca”; “Contra a fortuna ogni uomo po’ valere, /seguendo la ragion nel suo vedere”); raggiungere la serenità dello spirito e aspirare all’immortalità attraverso il sapere (“quant’ha intelletto l’uomo, tant’ha di bene:/perché la conoscenza d’intelletto/conduce l’uomo per diritti rami”); farsi guidare dal dubbio nel praticare la speculazione filosofica e scientifica (“Non è virtù non dubitar del mondo”, “Ormai risorga in te la mente nuova/Del dubitar per veder la prova”); dare il massimo valore all’amore per la conoscenza e per il sapere, perché essi rappresentano l’unico  mezzo valido per rendere immortale la vita dell’uomo;  trasmettere il sapere ai giovani attraverso l’insegnamento che illumina le menti ed è capace  di indicare quella strada maestra che conduce l’uomo verso la perfezione; garantire alla libera ricerca la possibilità di esaminare tutto quello che è a portata della ragione e che rientra nella sfera delle scienze, tenendo ben distinte la Fede e la Ragione.

Il messaggio del poeta ascolano è un invito rivolto ai posteri per mantenere una vigile attenzione sui propri pensieri, per usare la prudenza nel saper distinguere il bene dal male, per fare buon uso della ragione, per valutare le esperienze del passato per saper “leggere” meglio il futuro e dirigere nel modo migliore il corso degli eventi. Cecco d’Ascoli si propone come l’uomo “nuovo” che afferma il principio della libertà di conoscenza considerata una prerogativa e un diritto di ogni essere umano, che sostiene l’importanza dell’amore per la Verità, per la Scienza e per l’Educazione, che si oppone alla corruzione dei valori morali e dei costumi, che esalta la forza creatrice del pensiero e la necessità d’indagare liberamente al fine di scoprire i segreti nascosti nel seno della Natura.

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