Intervista a Bersani


Francesco Massi

16 Mar 2003 - Commenti live!

Afferma che quella teatrale è la dimensione migliore. L'ambiente in cui riesce a dare il meglio di se stesso. E ad ascoltarlo e vederlo in questo contesto, che caratterizza il suo nuovo tour, si può dire che abbia ragione da vendere. Samuele Bersani, dopo due anni lontano dai concerti, torna con questa serie di spettacoli per riproporre i suoi successi più famosi trainati da Che vita , canzone che in poco tempo si è guadagnata il disco di platino. Già enfant prodige della canzone d'autore italiana, vincitore della Targa Tenco il cantautore bolognese si conferma ancora una volta come il più originale e creativo degli autori dell'italica canzone, con una ricercatezza ed una cura nei testi e nelle musiche particolarissime. Ciò che gli ha conferito uno stile ed un'identità artistica rara da trovare nel panorama dei giovani cantautori italiani. Che Vita tour 2003 non è solo un concerto, ma uno spettacolo ad ampio spettro, dove l'artista oltre che cantare si racconta molto, con una verve ed un umorismo piacevolissimi, nonchè una straordinaria autoironia segnale di un'umiltà schietta non facile da incontrare in questo mondo. Una carica comunicativa formidabile che si sprigiona aiutata anche da immagini proiettate su uno schermo, frammenti di ricordi, passaggi televisivi curiosi, emozioni acchiappate al volo e immortalate in fotogrammi. A metà spettacolo uno spazio centrale tutto per Pacifico, talentuoso autore, capace di scrivere testi capolavoro come Le mie parole , motivo pluripremiato e che anche Bersani ha voluto interpretare.
Abbiamo incontrato il cantautore bolognese prima del concerto di Porto S. Elpidio (AP), il 15 marzo.

Tu sei un cesellatore del vocabolo, quanto è importante per te lavorare sulla parola?
L'istinto a volte ti fa produrre l'archetipo di quello che può diventare la tua canzone. Ma poi bisogna lavorare molto sulle parole, perchè esse continuano a vivere e crescere anche di notte. Lavoro anche metricamente molto su di esse al di là del loro significato, poichè considero la lingua più musicale della stessa musica.

Ci sono letture e scrittori che frequenti in modo particolare?
Attingo molto al linguaggio giornalistico, poichè credo che esso sia, tutto sommato, il più banale ma anche il più funzionale. A volte portare la forma giornalistica al di fuori del proprio contesto può far ottenere risultati inaspettati. Poi gli scrittori sono i grandi conosciuti, da Calvino a Neruda e tanti altri.

Le tue canzoni hanno anche una straordinaria capacità di evocare immagini legate alle emozioni. Com'è il tuo rapporto con l'immagine?
Fondamentale. Il cinema è l'arte che più mi piace, forse ancor più della musica. Penso che le colonne sonore, per esempio, potrebbero costituire il mio lavoro futuro, più di quello che sto facendo adesso. M'incuriosisce molto usare la musica sotto alle parole ed agli attori che si muovono in scena, quindi non solo cinema ma anche teatro.

Secondo te il cantautore deve preoccuparsi solamente di confezionare belle canzoni o deve cercare anche di dare una scossa alle coscienze attraverso i testi?
Il cantautore deve raccontare quello che sente, ciò che stimola la sua sensibilità . Deve essere fedele a quello che è. Anche il cantautore sociale che poi nel privato non lo è affatto mi puzza di furbo. Io non so di che cosa parlo quando comincio una canzone, spesso non ho un argomento specifico in partenza. A volte poi delle frasi mi fanno venire loro delle idee che vanno a comporre il soggetto della canzone. L'artista, per me, dovrebbe occuparsi anche del mondo in cui vive e non soltanto di se stesso.

In sintesi come definiresti una canzone di qualità ?
E' quella che non la riconosci come tale mentre la stai scrivendo, altrimenti non riesci più a completarla.

Nell'attacco di Che Vita dici che l'amore è un apparecchio momentaneo infilato sotto il petto . Ma siamo messi così male?
La canzone l'ho scritta in un periodo in cui tutti eravamo scioccati dall'avvenimento dell'attacco terroristico alle Twin Towers di New York e non si respirava tanta positività . Oggi che, paradossalmente, ci siamo quasi dimenticati quell'evento viviamo comunque viviamo in un mondo che non è più felice di quello dell'undici settembre.

Prossimi propositi e progetti?
Continuare nel mio cambiamento, cercare di non ripetermi mai. Fare questo lavoro non per arrivare da qualche parte in classifica ma per essere orgoglioso un giorno quando avrò dei figli affinchè non mi prendano in giro.

Quale emozione ti accompagna prima di salire sul palco?
L'emozione di non sapere cosa sta per succedere. Specialmente in questa tournèe pur guidando sempre lo spettacolo lascio al pubblico molto spazio. C'è un'interazione e di conseguenza possono accadere le sorprese, come qualche polemica.

Il pensiero con cui chiudi un concerto?
Questo è un lavoro bastardo, perchè l'emozione del concerto appena fatto ti dura fin quando ne fai un altro. Comunque quello che è più importante è non abituarsi. Occorre essere felici di quello che si fa, trovare la propria dimensione. La mia è quella del teatro poichè ho scoperto che in questo contesto vengo fuori come persona, mentre in televisione non mi piaccio affatto.

Cosa consiglieresti ad un giovane che vuol fare questo mestiere?
Se uno da giovane vuol cominciare a fare questo lavoro, lo ascolto solo se anche da piccolo sognava di farlo. E' un mestiere che non è possibile improvvisarselo a diciassette anni per esempio. A questa età si può imparare la tecnica del canto ed a scrivere meglio e diventare anche bravi, però per avere veramente del talento sarebbe giusto, come nel calcio, che uno sognasse di fare il cantautore fin da bambino.

(Francesco Massi)


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