DON JUAN: Nulla è più complicato della sincerità


di Daniela Marcozzi e Elena Bartolucci

27 Apr 2012 - Commenti danza, Danza

DONJUANNullaegravepiugravecomplicatodellasinceritagrave-754.jpg Macerata – Giovedì 19 aprile, si è chiusa la stagione del Teatro Lauro Rossi di Macerata con il Don Juan proposto dalla compagnia italo-spagnola Flamenquevive diretta da Gianna Raccagni. In scena si sono esibiti i ballerini Claudio Javarone, Gianna Raccagni, Manuela Baldassarri e Valentina Perrone e i musicisti Alberto Rodriguez e Marco Perona (chitarra), Erica Scherl (violino) e Paolo Mappa (percussioni). Josè Salguero (canto) ha accompagnato la musica con la sua splendida voce, che anche da sola è riuscita in vari momenti dello spettacolo a ricreare il giusto ritmo supportata dal semplice rumore del battito di mani o dei piedi a terra. Le musiche originali sono di Alberto Rodriguez e Marco Perona e le scene di Quadrilumi.
Lo spettacolo ha saputo raccontare da una parte uno stile musicale, una tecnica di pittura, una danza tipica dell’Andalusia fortemente influenzati dal popolo nomade dei Gitani e dall’altra il mito di questo grande seduttore. Il flamenco è stato usato per descrivere l’immortalità del celebre Don Giovanni, libertino e corteggiatore assiduo, che si fa trasportare dalle proprie pulsioni ed è personificazione dell’erotismo e della seduzione. Un’espressione artistica in grado di esprimere fisicamente il sentimento senza pudore e razionalità. Il protagonista vive l’amore esprimendolo in una serie continua di attimi fuggevoli, meraviglioso solo per il suo impeto di rinnovarsi e per la sua inesauribile energia che diviene simbolo della natura umana e della vita. Riesce abilmente a passare da una donna all’altra senza innamorarsene, soffermandosi soltanto sulla bellezza superficiale.
Durante un intenso assolo di una delle ballerine è stata proiettata la lunga sfilza di nomi delle tante amanti che Don Juan aveva etichettato e catalogato nel suo personale diario. Ogni pagina è testimone della strategia seduttiva, della menzogna e dell’abbandono messi in opera con le sue molteplici conquiste: in Italia 640, in Germania 231, in Francia 100, in Turchia 91 e in Spagna 1003.
Nel corso della storia Don Juan assumerà l’aspetto del Burlador de Sevilla, di Don Juan Tenorio, del Don Juan di Molière e del Don Giovanni di Mozart. Ciascuno di questi personaggi impersonificati dal Don Juan è una costruzione fittizia, una “maschera pirandelliana” che egli s’impone e che gli comanda il contesto sociale. Forse sotto questa facciata non c’è nessuno, ma solo un fluire indistinto e incoerente di stati d’animo in perenne trasformazione. Donne sedotte, tradite, abbandonate e ingannate si sostituiscono al castigo divino nella loro vendetta in una magnifica sequenza di ballo di gruppo finale, dove le luci calde e soffuse hanno lasciato spazio al rosso vivo del sangue che corre sullo schermo.
Comparsa per la prima volta nel 1630 nella commedia di Tirso de Molina L’ingannatore di Siviglia e il convitato di pietra, questa figura di affascinante seduttore deve la sua straordinaria fama all’opera del Don Giovanni di Mozart su libretto del vittoriese Lorenzo Da Ponte. Il personaggio è stato poi riutilizzato da vari autori nel teatro e nella letteratura da Molière e Kierkegaard a Puskin, da Josè Espronceda a Josè Saramago e molti altri. Attraverso il flamenco lo spettacolo riesce a raccontare i vari volti del personaggio che si esprimono sul palco senza le censure moralistiche e religiose del tempo, dove aveva suscitato grande scandalo negli ambienti ecclesiastici, per i quali costituiva un’inaccettabile apologia del libertinismo.

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