Annibal Caro e la commedia del Cinquecento


di Alberto Pellegrino

14 Giu 2016 - Commenti teatro

Annibal Caro MusiculturaonlineSi celebra quest’anno il 450° anniversario della morte di Annibal Caro (Civitanova Marche 1507 – Frascati 1566), un letterato del Rinascimento celebre soprattutto per le sue traduzioni dell’Eneide di Virgilio, della Poetica di Aristotele, del romanzo Gli amori pastorali di Dafni e Cloe di Longo Sofista e delle Lettere a Lucilio di Lucio Anneo Seneca. Egli è stato inoltre l’autore di un volume di Rime e delle Lettere famigliari, una raccolta di circa ottocento lettere che costituiscono un importante archivio documentaristico, in quanto contengono una serie d’informazioni sulla cultura rinascimentale con argomenti di carattere letterario, religioso, politico, militare e di costume. Come commediografo Annibal Caro ha scritto nel 1543 una sola opera intitolata la Commedia degli Straccioni, che è stata edita a Venezia nel 1582 da Aldo Manuzio.
Quando Annibal Caro scrive la sua commedia, che rappresenta un importante esempio di teatro erudito rinascimentale, il teatro italiano è già risorto, dopo secoli di oblio, per merito di  Ludovico Ariosto autore tra il 1508 e il 1519 di cinque commedie (La Cassaria, I Suppositi, Il negromante, La Lena, Gli Studenti), le quali, pur facendo riferimento alla tradizione teatrale classica, segnano la nascita del teatro moderno inteso come specchio della società, cioè un modo di rappresentare gli aspetti quotidiani della vita sociale e domestica osservata con ironia e con impegno morale, perché l’autore condanna l’ipocrisia e la corruzione, l’inganno e la sopraffazione, l’avidità per il denaro considerato la prima causa di corruzione del mondo. Dopo Ariosto, altri grandi autori (Piccolomini, Machiavelli, Aretino, Bibiena, Cecchi, Belo) si propongono come acuti osservatori di una società urbana fatta di aristocratici e plebei, ruffiani e truffatori, servitori astuti e militari esibizionisti, in un continuo confronto tra il popolo basso e i rappresentanti del potere.

Giovanni Antonio Dosio, monumento ad Annibal Caro,1566_ca. MusiculturaonlineLe caratteristiche della Commedia degli Straccioni
L’opera di Annibal Caro arriva in una seconda fase del teatro italiano, ma s’inserisce a pieno diritto nel filone del teatro urbano, in quanto fornisce uno spaccato di Roma nel Cinquecento con le sue strade e piazze dei sobborghi popolari, nelle quali circola il malaffare e l’imbroglio, dove regnano l’inganno e la violenza. Nella Commedia degli Straccioni la società del tempo è rappresentata secondo la mimesi del quotidiano attraverso un intreccio complicatissimo basato sul topos teatrale della doppia personalità, del travestimento e dell’agnizione, tra scoppi di gelosia e liti furibonde, disgrazie vere o presunte, finte morti e improvvise resurrezioni. Il tema dominante della commedia è costituito dalla  robba e dal denaro, che coinvolgono ricchi e poveri, artigiani e fattori, donne e servi, ladri e profittatori, cioè tutti quelli che formano la nuova società mercantile fondata sull’utile e sul possesso.
L’altro tema fondamentale è l’amore, un sentimento così potente che rende “schiavi” i due principali innamorati e che va inteso come “un gioco” basato sul possesso delle persone e su  comportamenti stereotipati che riflettono il moralismo rinascimentale, il quale impone l’obbedienza a precise regole che determinano comportamenti da cui ogni personaggio tende a ricavare il massimo utile possibile. In questo gioco dei sentimenti i due innamorati, prima infelici e perseguitati dalla sfortuna, trovano una felice soluzione finale e fanno uso di un linguaggio che appartiene alla tradizione provenzale con affermazioni del tipo “affetto estatico, dedizione eterna, fedeltà indiscussa”.
I personaggi femminili riflettono la condizione della donna nella società del Cinquecento e hanno un ruolo marginale, perché sono “raccontati” dai personaggi maschili più che essere realmente presenti sulla scena. La ricca e bella vedova Argentina fa una brevissima apparizione nel quinto atto (scena I). Giulietta, che dovrebbe essere la protagonista femminile, compare solo nel quarto atto (scene III e IV), mentre si conoscono le sue avventure e i suoi sentimenti amorosi attraverso una lettera indirizzata al giovane Tindaro. Bella, buona, saggia, onesta, decisa a difendere la propria illibatezza, Giulietta è l’oggetto del desiderio della commedia che trova il suo riscatto morale e sociale soltanto attraverso il matrimonio; è “l’anima santa, vergine e martire” che non si arrende alle disgrazie e che non cede il proprio corpo nemmeno di fronte alla violenza. Per la serva Nuta, che appartiene al proletariato urbano, non è possibile nemmeno il riscatto attraverso il matrimonio, perché è relegata nella sua condizione di oggetto sessuale del ricco e disonesto Marabeo.
La Commedia degli Straccioni deve essere considerato un testo “colto”, perché è la rielaborazione drammaturgica della seconda parte del romanzo Le avventure di Leucippe e Clitofonte dello scrittore “alessandrino” Achille Tazio vissuto tra la prima e la seconda metà del secondo secolo  d.C.  Annibal Caro, rispetto al modello originario, modifica il finale introduce nuovi personaggi e dà loro una diversa caratterizzazione: Giovanni e Battista Canali, detti Gli Straccioni, sono gli esponenti della nuova borghesia mercantile, sono realmente esistiti e resi noti dalla loro tirchieria e dal loro abbigliamento trasandato; l’amministratore Marabeo e lo stampatore Barbagrigia (un personaggio realmente esistito con il nome di Antonio Blado d’Asola) appartengono alla piccola borghesia urbana; i servi e alcuni personaggi minori (Ciullo, Lispa e Fuligatto) sono i rappresentati del proletariato delle borgate romane. Un particolare aspetto è che sia Marabeo sia il servo Pilucca, contrariamente alla tradizione, non fanno gli interessi dei loro padroni, ma usano l’astuzia e disonestà per arricchirsi e per indirizzare gli avvenimenti a loro esclusivo favore. Un preciso riferimento letterario è costituito dall’azione che si svolge nel quarto atto (scena V), quando compare un pazzo di nome Mirandola che rivendica dagli Straccioni il possesso di una certa quantità di gioielli, a quel punto i mercanti lo ingannano, convincendolo a rinunciare ai preziosi in cambio di una pietra eliotropia e di un anello che rende invisibili: la pietra è un preciso riferimento al dono che gli amici fanno a Calandrino nel Decamerone (terza giornata, terza novella), mentre  l’anello magico ricorda quello usato da Angelica per sfuggire alle voglie dell’infuocato Ruggero nell’Orlando Furioso.

Il monumento funebre a Annibal Caro dello scultore Giovanni Antonio Dosio, Roma, 1566 MusiculturaonlineI contenuti della commedia
L’antefatto. Franco, fratello del padre di Tindaro, nel 1527 arriva da Genova a Roma, dove muore subito dopo la nascita del figlio Giordano, che qualche anno dopo si reca in Oriente per reclamare l’eredità di Paolo, padre di Argentina e fratello di Giovanni, ma è catturato dai pirati turchi. Dopo due anni, la moglie Argentina lo manda a cercare dal servo Pilucca, che sua volta è fatto prigioniero dei Turchi. A Genova Tindaro s’innamora di Giulietta, figlia del mercante Giovanni degli Straccioni che nega il suo consenso ma Giulietta ricambia l’amore per Tindaro, per cui il giovane decide di rapire la fanciulla e di fuggire verso Corfù, ma sono i due sono catturati dai pirati turchi. Allora Tindaro, con la scusa di cercare i soldi per il riscatto, convince i turchi a sbarcarlo su un’isola, dove incontra il capitano di una galea veneziana che accetta di inseguire i pirati, i quali decidono di assassinare Giulietta, uccidendo in realtà un’altra donna. Tindaro è costretto a fermare la nave per recuperare il cadavere della fanciulla amata, quindi si reca a Roma, assumendo il nome di Gisippo. Di lui s’innamora la vedova Argentina, ma il giovane non ricambia questo sentimento per restare fedele alla memoria di Giulietta. I pirati sono sconfitti dalle galee pontificie e Giulietta diventa la schiava da un capitano cristiano che la vende a Marabeo, il quale porta la ragazza (che ha preso il nome di Agatina) nella sua casa di Roma con l’intenzione di sedurla, senza però riuscire a vincere la sua resistenza. Giovanni e Battista Straccioni inviano una lettera alla madre di Tindaro, nella quale danno il loro consenso alle nozze con Giulietta. La donna manda a cercare il figlio dall’amico Demetrio che è catturato dai turchi e che incontra il servo Pilucca. Dopo cinque anni i due riescono a fuggire e arrivano a Roma, uno per cercare Tindaro e l’altro la padrona Argentina. Giungono a Roma anche i fratelli Straccioni per avere notizie di Tindaro, ma anche per farsi restituire alcuni gioielli rubati alla famiglia genovese dei Grimaldi.

La gloria di Annibal Caro - Il sipario storico del Teatro Comunale Annibal Caro di Civitanova Alta MusiculturaonlineLa trama. La vicenda si svolge a Roma nel 1543 sotto il pontificato di Paolo III e si svolge a Campo de’ Fiori, dinanzi al Palazzo Farnese con accanto alla bottega dello stampatore Barbagrigia e la casa di Marabeo. Demetrio e Pilucca, arrivati a Roma, incontrano Barbagrigia che apprende così la notizia della morte di Giordano, il marito di Argentina. Demetrio incontra prima gli Straccioni poi Tindato/Gisippo, il quale gli dice della morte di Giulietta e dell’infatuazione che ha per lui la vedova Argentina, allora Demetrio e Barbagrigia convincono il giovane a prenderla in moglie. Pilucca incontra Marabeo e viene a sapere che l’uomo tiene prigioniera Giulietta/Agatina, decide allora di aiutarlo nei suoi intrighi e nella soluzione di due problemi; tenere a bada la serva Nuta che ha parlato con Giulietta e ha ricevuto da lei una lettera da consegnare al governatore; impedire le nozze fra Tindaro e Argentina per continuare a derubare la padrona. Per ostacolare il matrimonio essi fanno credere a Demetrio che Argentina è rimasta incinta a opera di un cardinale. A questo punto Demetrio suggerisce a Tindaro di fingersi malato. I due Straccioni scoprono la vera identità di Tindaro/Gisippo e l’avvenuta morte di Giulietta, per cui decidono di rivolgersi al procuratore Rossello per avere giustizia. Frattanto Giordano che è fuggito dai pirati, è ritornato a Roma e apprende che Marabeo ha casa di Giulietta/Agatina e cerca invano di sedurla; sa anche del matrimonio di sua moglie con Tindaro, per cui Marabeo e Pilucca cercano di far scontrare Giordano e Tindaro con la speranza che i due si uccidano a vicenda. I due malandrini vorrebbero nascondere Giulietta in un altro luogo, ma la ragazza riesce a fuggire e chiede soccorso al procuratore Rossello che le trova rifugio nella casa di Argentina. Si arriva così alla felice conclusione: Tindaro e Giordano scoprono di essere cugini e si riconciliano; Argentina scopre di essere la nipote di Giovanni degli Straccioni, il quale dà il suo consenso al matrimonio tra Giulietta e Tindaro; Marabeo e Pilucca sono perdonati di tutti i loro inganni.

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