Ancona: “Idomeneo re di Creta”, apertura alla grande per le Muse


Alberto Pellegrino

20 Nov 2002 - Commenti classica

Con l'opera Idomeneo re di Creta di Mozart il Teatro delle Muse ha riaperto dopo oltre mezzo secolo le porte all'opera lirica con un avvenimento artistico di primo piano che ha richiamato nella città dorica il 6-8-10 novembre spettatori da tutta la regione ed oltre. Sembra d'intuire da questo inizio di politica culturale che il teatro anconetano intenda assumere nelle Marche lo stesso ruolo che svolge a Milano il Teatro alla Scala sul piano nazionale e internazionale, cioè diventare il luogo di importanti eventi teatrali non solo per gli anconetani, ma per tutti i marchigiani. Si è autorizzati a pensarlo data l'imponenza dell'impianto che, malgrado alcuni limiti architettonici che non rientrano nelle nostre competenze critiche, si presenta con i suoi 1057 posti come la struttura teatrale di maggiore capienza della regione, in grado quindi di accogliere eventi artistici di alto livello ed impegno finanziario. Una volta affrontati e superati alcuni seri problemi di acustica che pure esistono, la struttura teatrale presenta impianti ad alta tecnologia che consentono allestimenti tecnicamente complessi; a partire dall'ingresso monumentale e in tutti gli ambienti di servizio e di accoglienza circola un'atmosfera di soffice eleganza, si avverte un clima di sorvegliata efficienza e di attenzione verso gli spettatori che possono legittimare questo ruolo di piccola Scala . Ad ulteriore riprova di questa voglia di proporsi come il teatro dei marchigiani , va registrata l'eleganza grafica dei libretti d'opera personalizzati, la pubblicazione dei Quaderni delle Muse il cui primo numero, intitolato Il teatro di Ancona e la sua storia, è ricco di notizie e di belle immagini, la pubblicazione del primo numero del Nostro lunedì. Scene, una rivista semestrale di scritture, immagini e voci ideata e coordinata da Francesco Scarabicchi, che presenta scritti sul teatro, sul cinema, sulla canzone d'autore, sulla musica ed interviste a personalità dello spettacolo all'interno di un bel contenitore grafico.
La stagione lirica, progettata dal direttore artistico Claudio Orazi, si apre con un'opera mozartiana mai rappresentata nelle Marche e poco presente nei cartelloni italiani, infatti arriva in Italia per la prima volta nel 1947 alla Fenice di Venezia, è stata rappresentata cinque volte nel 2000, mentre quest'anno è andata in scena soltanto al Piccinni di Bari e alle Muse di Ancona. Scritta da Mozart nel 1781-82, il melodramma segna l'intenso rapporto dell'autore con il mito greco e la sua capacità di coniugare tragedia e melodramma, creando la più bella, originale e affascinante opera seria del Settecento europeo, fortemente caratterizzata in senso innovativo per il ruolo determinante svolto dal coro nelle scene di massa e per la caratterizzazione musicale del personaggio di Idomeneo che deve essere considerato, come giustamente sottolinea il musicologo Giancarlo Landini, il primo tenore dell'opera moderna.
In questa opera, composta su libretto dell'abate Giambattista Varesco che aveva tratto l'argomento dal libretto del francese Antoine Danchet (1712) a sua volta ispiratosi all'omonima tragedia di Prosper Jolyot de Crèbillon (1705), Mozart affronta il tema del confronto – scontro tra l'uomo e la divinità , della paternità violata dall'obbligo di sacrificare il proprio figlio a Nettuno, che aveva salvato il re di Creta da un terribile naufragio mentre faceva ritorno in patria dalla guerra di Troia con l'obbligo si sacrificare il primo essere umano incontrato a Creta. Altri temi sono quelli della pace fra greci e troiani da anni divisi da un solco di sangue ed odio, quello dell'amore che Idamante, figlio di Idomeneo, prova per la figlia di Priamo, la troiana Ilia, che dovrebbe essere invece trattata come una schiava nemica. Il destino vuole che sia Idamante a farsi incontro per primo al re sfuggito al naufragio e, di fronte al padre che lo respinge inorridito, il giovane rimane interdetto diviso fra stupore e dolore. Dopo aver tentato di allontanare il figlio, Idomeneo accetta di sacrificarlo visto che un mostro orrendo sta seminando la strage tra il popolo. Il giovane principe uccide il mostro e si offre come vittima sacrificale per placare l'ira del dio marino, mentre Ilia si offre a sua volta per salvare l'uomo amato. A questo punto la voce di Nettuno irrompe sulla scena per fermare la mano armata del re e mutare il destino di tutti i personaggi: Idamante dovrà salire sul trono al posto di Idomeneo dopo essersi unito in matrimonio con Ilia, mentre il re dovrà scontare con l'esilio l'aver mancato di parola al dio. Unico evento tragico, nella generale gioia del lieto fine, è la morte di Elettra che, sconvolta dal dolore per l' suo amore infelice provato per Idamante, decide di raggiungere il fratello Oreste nell'Ade.
Questo Idomeneo deve essere considerato nel suo complesso uno spettacolo di grande qualità grazie alla direzione del M Gerard Korster, che ha guidato con impegno l'Orchestra Filarmonica Marchigiana in stato di particolare grazia; sullo stesso piano va posto il Coro Lirico Bellini ottimamente preparato dal M Carlo Morganti e chiamato ad una prova quanto mai impegnativa, superata con notevoli risultati sul piano dell'intensità drammatica e della qualità musicale. In senso più che positivo va giudicata la prova fornita da tutti gli interpreti a cominciare dalla giovane Eva Mei, che è stata una delicata, intensa e convincente Ilia. Francesca Provvisionato, pur con qualche momento di difficoltà , ha ben rivestito i panni di Idamante, mentre il tenore Charles Workman ha confermato le sue qualità di specialista del melodramma del Settecento e del primo Ottocento, disegnando con efficacia la figura di un appassionato e dolente Idomeneo. Da segnalare anche Jorge Schneider (Arbace) e Riccado Zanellato (L'Oracolo) e una straordinaria Mariella Devia che, nelle vesti di Elettra, si è rivelata ancora una volta interprete drammatica di grande spessore e di grande levatura tecnica, toccando il suo punto più alto nell'aria finale Oh smania! Oh furie! Oh disperata Elettra! .
Il grande, indiscusso protagonista di questo Idomeneo è stato tuttavia il regista – scenografo – costumista Pier Luigi Pizzi, certamente oggi il maggiore conoscitore ed interprete del melodramma barocco in Italia. Formatosi accanto a Giorgio Strehler, Pizzi ha firmato più di trecento spettacoli di prosa e di lirica, collaborando con la Compagnia dei Giovani diretta da Giorgio de Lullo e con Luca Ronconi. Pizzi ha voluto segnare la sua scena con la presenza del mare inteso come cifra dell'intero spettacolo ed ha puntato, facendo leva sull'alta tecnologia dell'impianto scenico, sui continui passaggi interno – esterno ottenuti una struttura mobile formata da dieci colonne quadrate e quattro capriate. Il colore dominante è stato il bianco solare dell'ambiente mediterraneo proprio di una mitica Creta, dove si sono mossi con perfetta scelta di tempo e controllata gestualità i vari personaggi chiusi nei bellissimi costumi, tutti giocati nel primo e secondo atto sul nero con la sola eccezione per Elettra che ha sempre indossato un abito viola, chiara allusione ai recenti lutti che hanno sconvolto la sua vita, e per Idomeneo che, una volta ritornato nella reggia, aveva sopra la lunga tunica nera un mantello rosso scuro. Lo stesso coro, manovrato dal regista con grande sagacia figurativa, ha interpretato la massa nera degli schiavi troiani o del popolo cretese riempiendo gli spazi scenici la scena o disponendosi come due quinte viventi sui lati della scena, mentre i guerrieri ricordavano nelle vesti, nelle armi e negli atteggiamenti la pittura fittile greca.
Il primo atto si apre nel segno del mare con Ilia canta l'aria Quando avran fine omai/L'aspre sventure mie? , avendo alle spalle una bianca nave adagiata sull'arenile, e si chiude con una scena dalle forti suggestioni figurative: grandi onde bianche poste su tre file sembrano balzare contro lo spettatore, mentre il naufrago Idomeneo emerge dalle acque e la nave affonda fra i violenti marosi dominati da uno scultoreo Nettuno. Pizzi, anche nell'Intermezzo e nel secondo atto, ha scolpito gli eventi con perfetti sincronismi e posizionamenti dei personaggi, legati ad una gestualità solenne e dolente, in un intenso rapporti di luci – ombre. L'atto si è chiuso con un altra tempesta che annuncia l'arrivo del mostro inviato sull'isola per punire l'inadempiente Idomeneo e con un'altra nave che affonda vorticosamente in preda alle onde. All'inizio del terzo atto un delicato paesaggio marino punteggiato da un mandorlo in fiore ha accolto l'aria di Ilia Solitudini amiche, aure amorose e il duetto d'amore tra la principessa e Idamante, ma subito dopo il mare è diventato grigio sotto una luce di ghiaccio per annunciare il sacrificio a Nettuno del giovane Idamante sulla nave – altare innalzato in cima ad una scalinata al centro della scena. Dopo il lieto fine imposto dalla voce del dio, la desolata solitudine di un mare color viola ha accolto il saluto alla vita della dolente Elettra, ma subito dopo il mare è ritornato a sorridere d'azzurro per consacrare le nozze e l'ascesa al trono del giovane Idamante in mezzo al popolo festante, che saluta anche la partenza di Idomeneo.
(Alberto Pellegrino)


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