“Pseudolo” di Plauto per il TAU 2018


di Alberto Pellegrino

24 Lug 2018 - Commenti teatro

Il secondo appuntamento con il teatro classico nell’Anfiteatro di Urbisaglia avrà luogo il 5 agosto con Pseudolo, una delle più celebri e divertenti commedie di Plauto scritta nel 191 a.C. La regia è di Cristiano Roccamo e gli interpreti sono Ettore Bassi, Enrico Bartoletti, Massimo Boncompagni, Ludovico Rohl, Antonio Salerno e Jacopo Costantini.

Le caratteristiche dell’opera
Si tratta di una delle opere meglio riuscite del commediografo latino che ha esercitato una notevole influenza su tutta la successiva commedia europea soprattutto per la creazione del personaggio  di Pseudolo, lo schiavo astuto che non si cura dell’autorità e della sua condizione servile, perché è abile nell’inventare strattagemmi e nell’escogitare piani, sfruttando le sue doti di persuasore e di oratore secondo il tòpos del servus callidus plautino. Il vecchio Simone riveste il ruolo dell’avaro intransigente che vuole tenere per come amante una giovane cortigiana di nome Fenicia, della quale è innamorato suo figlio Calidoro che vuole opporsi all’autorità paterna grazie all’astuzia del suo servo. C’è poi la figura del lenone Ballione che è impegnato a vendere la bella fanciulla oggetto del desiderio. Non manca, infine, il personaggio figura del servo sciocco del soldato, che viene aggirato e manipolato dall’astuzia di Pseudolo attraverso una serie di trucchi e di scambi di persona.

La trama della commedia
L’azione ha inizio quando Pseudolo interroga il giovane Calidoro per sapere la causa del suo pianto e dei suoi lamenti che sono provocati dalla condizione di un innamorato che non può godere della bella e giovane cortigiana Fenicia, amante di suo padre Simone è venduta a un soldato macedone per venti mine d’argento. Pseudolo s’impegna a ideare un piano per riscattare la ragazza al suo lenone Ballione, un uomo arrogante e volgare che maltratta e insulta i suoi schiavi. Calidoro e Psuedolo, incontrando Ballione per la strada, tentano di persuaderlo a non vendere Fenicia al guerriero macedone. Irritati per la sfrontatezza dell’interlocutore, iniziano a urlargli contro una serie d’ingiurie. Il lenone si dirige al mercato in attesa del denaro del militare macedone necessario per concludere il contratto di vendita della giovane cortigiana. Pseudolo riflette sul da farsi e decide di cavare venti mine d’argento al vecchio Simone, scommettendo con lui che riuscirà a ottenere Fenicia prima di sera. Pseudolo, in caso di vincita, avrà da Simone le venti mine, mentre in caso di sconfitta sarà costretto a lavorare in un mulino per il resto della sua vita.
Pseudolo scorge un forestiero che giunge nei pressi della casa di Ballione, lo avvicina e capisce che si tratta di Arpace, il messaggero del militare macedone che vuole comprare la ragazza. Allora si finge un servo di Ballione, e beffa l’ingenuo schiavo, facendosi consegnare quindici mine come anticipo e il contrassegno, un ritratto di Polimacheroplagide, in modo di comprare la cortigiana. Pseudolo, si serve di un complice che, fingendosi Arpace, possa ritirare la ragazza prima che ritorni il vero messaggero. Pseudolo riflette sulla fortuna che domina gli eventi e incide sulle decisioni umane. Calidoro chiede aiuto al suo amico Carino, ottiene in prestito le cinque mine mancanti per il possesso della cortigiana e gli viene messo a disposizione un abile schiavo di nome Scimmia. Nello stesso tempo Ballione, che si lamenta per la disonestà dei cuochi e dei servi, che ritiene dei fannulloni e dei ladri, incontra Simone e lo mette al corrente dell’intenzione di Pseudolo di sottrargli Fenicia per poter vincere la scommessa contratta con lui.
Pseudolo manda Scimmia, travestito da Arpace, per mostrare a Ballione il ritratto e la lettera scritta dal soldato macedone. Il lenone, dopo aver letto il testo e riconosciuto il ritratto, fa entrare Scimmia in casa per consegnargli Fenicia. Pseudolo tira un sospiro di sollievo, vedendo uscire Scimmia in compagnia della cortigiana che sarà accompagnata da Calidoro. Ballione, ignaro della beffa, crede che Fenicia sia stata condotta via dal servo del soldato e rassicura Simone sul fatto che le venti mine promesse a Pseudolo sono ormai salve.
Simone non vede l’ora di punire Pseudolo, ma ecco sopraggiungere il vero Arpace, che si lamenta perché il servo di Ballione è sparito. Il lenone crede che questi sia un aiutante di Pseudolo e inizia a sbeffeggiarlo, ma di fronte al sincero stupore del messaggero si rende conto di essere in presenza del vero servo del soldato e di essere stato beffato da Pseudolo, per cui si dispera per dover restituire ad Arpace l’anticipo versato per l’acquisto della ragazza e per l’affronto arrecatogli dal servo Pseudolo.
Questi, ubriaco, prega i suoi piedi e le sue gambe di riportarlo a casa dopo avere partecipato a una festa con Calidoro e Fenicia, durante la quale ha ballato e si è lasciato sedurre da una bella fanciulla. Arrivato a casa di Simone, chiama il padrone per fargli sapere che è riuscito con l’astuzia a sottrarre Fenicia al lenone, per cui vuole riscuotere la sua scommessa. Simone lo rimprovera per la sua sfacciataggine, ma deve a malincuore consegnargli la somma vinta. Pseduolo lo invita a bere e dice che restituirà una parte della vincita, perché non gli interessa il denaro ma il riconoscimento della sua abilità e della sua astuzia. Allora il padrone gli perdona la beffa e accetta l’invito.

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